lunedì 15 febbraio 2010

Ultimo post


Doveva prima o poi accadere ed è accaduto.
Nella vita non esistono cose eterne. Anche l'amore è eterno finchè dura (usando il titolo di un film di Carlo Verdone). Se persino l'amore non dura per sempre, figuratevi un blog.
E allora.. questo blog chiude qui.
Dopo circa 39 mesi, dopo centinaia di riflessioni, di sfoghi, di sogni. Chiude le sue porte e le sue finestre. Rimane al buio.
Grazie a tutti coloro che mi hanno scritto facendomi sentire la loro "virtuale" presenza e grazie a tutti coloro che non mi hanno mai scritto ma la cui presenza è stata ugualmente recepita e apprezzata.
Potrei cancellarlo ma non lo farò perchè non voglio rinunciare al ricordo, al suo ricordo. Di tanto in tanto magari tornerò per rituffarmi nel passato, senza guardare però al futuro.
Hasta luego!
Cangaceiro

martedì 17 novembre 2009

Ragazza che non ho (Jack Folla)



Ragazza che non ho, ti ho gia scritto una volta, ero più giovane dentro e fuori, sognavo che dal buio fiammante della radio potessi uscire tu, con il mio sos di carta fra le dita e uno di quei sorrisi che sembrano dire: “perché ti meravigli tanto, Jack?
Non hai mai visto uscire una ragazza da una radio?”
Avrei guardato le tue gambe svelte scavalcare la finestra nera della mia Sony, ti saresti lasciata ammirare col vestitino di carta giapponese con i fiori d’acqua
E tutti i miei problemi si sarebbero accucciati in un angolo come un cane pentito, perché avevo osato dubitare della materia dei sogni.
Vedi ragazza, credere nell’impossibile è stata la causa di tutti i miei guai e di tutte le mie grandezze. Io ho puntato su tutte le roulette, ho guidato contromano nella notte, sono andato in spiaggia con le scarpe d’inverno e mi sono steso in cappotto davanti al mare bruciante, perché disprezzavo i luoghi comuni e, così non ho mai smesso di credere che esisti; che esistono ragazze che escono dalle radio con i vestiti a fiori.
E questo lo devo a mio padre, che mi insegnò ad osare...
Ecco perché ti ho riscritto e imbuco la mia busta nell’universo.
Non sono così sciocco da credere che tu non verrai mai : i miracoli sono più reali dei soldi, la verità è che temo di deluderti.
Sono scorbutico, e pieno di dubbi e non ho mai imparato a ballare.
Ti annoieresti, temo, e dopo qualche minuto di silenzio mi diresti: usciamo ?
E non mi va di uscire, e poi stasera in televisione c’è il mio documentario preferito, e di là la cena è apparecchiata per uno.
E poi ho l’ansia da prestazione, va bene?
Tu hai fatto l’amore fra le stelle io in letti da serie B, e la sigaretta dopo... era l’orgasmo.
Attenta, non credermi ragazza che non ho, il mio è un vecchio gioco.
Provocare miracoli e smettere di stupirsi l’attimo dopo.
Se a quel punto te ne andassi via, sarei perduto: siamo mezzi uomini, mezzi maghi, eterni bambini.
Non credermi, basta! Portami fuori!
È una sera così dolce, ci sarà pure da qualche parte una balera deserta dove potrai insegnarmi il ritmo semplice della vita.
Ragazza che non ho, stanotte saremo in tanti ad attenderti lo sai?
Tu fai così, non pensare a me!
A forza di credere ai miracoli, io ho imparato a reggerne l’assenza; ma uno, questa notte, uno almeno di noi, fallo felice!

di Diego Cugia

sabato 14 novembre 2009

Gemma di saggezza

Avevo 16 anni... era sera... e da tempo ruminavo la frase di Descartes: "Penso dunque sono". Riflettevo da parecchio tempo... e facevo ogni volta il viaggio da questa realtà vivente che in me corrispondeva a "io penso" e "io sono" fino a queste parole, per caricarle... del loro vero senso. Era un lavoro difficile, ero sfinito, lo scatto che mi avrebbe rivelato il significato misterioso... della frase non si manifestava, ma a un certo punto, un altro scatto , che non mi aspettavo,... si produsse e in un attimo... mi sono ritrovato nel retroscena impossibile e inconcepibile di questo "io" che pensava...
Parlo di un cambiamento inaudito, di una rivoluzione inimmaginabile, e allo stesso tempo non c'è l'ombra di un cambiamento e questo proviene dalla natura della cosa che appare, che non è un oggetto, ma la prima persona... l'esistenza stessa... che non è "qualcosa" nel senso che diamo abitualmente a queste due parole, che esiste infinitamente, ma lascia intatto... colui di cui sconvolge la vita.
Stéphen Jourdain

martedì 13 ottobre 2009

The Crystal Ship


Stasera mi trovavo sul balcone di casa, stavo mettendo dei vestiti ad asciugare al vento, mi son voltato e ho visto che già c'era stato il tramonto e che il cielo era diventato di quel blu scuro, tipico notturno, che tu non sai mai se considerare blu, viola o nero.
Erano le 19:48 e la prima considerazione che ho fatto è stata questa qui: il tempo passa veloce.
Passa anche se noi non ce ne accorgiamo. E' incurante di tutti noi. Fino a qualche settimana fa, alla stessa ora magari mi trovavo ancora sotto il sole in spiaggia o nel mezzo del caldo e di una corsa attorno ad un campo sportivo; mentre oggi mi trovavo al buio, sotto la luna già splendente e col cielo puntellato dalle stelle.
Si, il tempo passa su di noi, nel silenzio e anche nel rumore, nascosto o allo scoperto e noi non possiamo fare nulla per fermarlo.
In nessun modo possiamo vivere qualcosa che non abbiamo vissuto indietro nel tempo, non possiamo rivivere qualche che abbiamo vissuto indietro nel tempo. Ciò che ci rimane è sperare che un giorno, in un futuro prossimo, possiamo vivere ciò che nel tempo passato non siamo stati capaci a vivere. Possiamo sperare che il tempo sia così galantuomo da darci una seconda chance, per afferrare meglio e prima la felicità che ricerchiamo sin dalla nascita.
Insieme al proposito, mi rimane una promessa e una canzone.
La promessa è di non perdere più altro tempo, non lasciare che il tempo passi cancellando ciò che non ho saputo vivere.
La canzone è questa qui.. che sin dal suo primo ascolto mi ha fatto sempre sentire chiaramente dentro di me il lento ma inarrestabile passare del tempo.



venerdì 18 settembre 2009

L'elogio della lumaca (2° round)


Continuo nel mio personale e sentito elogio della lumaca, questo essere, questo animale.. La lumaca è un'animale? Per me anche in questo sta la sua natura speciale. Non so dove archiviarla, dove catalogarla. Un pò come le cose belle della vita, che appunto perchè cose belle, escono fuori da qualsiasi tipo di definizione e anzi, nascono e restano per sempre indefinibili. Lo stesso tentativo di definirle sarebbe vano e pericoloso, in quanto minaccerebbe di sporcare con le sue gabbie ciò che per natura nasce infinito e libero.La lumaca esce dal terreno con la pioggia perchè della pioggia è innamorata e approfitta del fatto che con la pioggia la gente si ritira nelle proprie case per uscire e poter fare un giro per il mondo con la tranquillità di chi non ha fretta di arrivare. Perchè affrettarsi tanto? se la meta è una, lì si deve prima o poi arrivare e allora perchè affrettarsi?!?Dal cielo cade la pioggia e la lumaca esce fuori e contenta può guardare ciò che c'è tra la luna e la sua stella fidata. Può guardare e innamorarsi di ciò che vede, di quella luna con la gobba a sinistra e di quella stella luminosa e di tutto quello che esse contengono in mezzo a loro.La lumaca vede attraverso la notte, nel buio solo parzialmente attenuato da quella luna e da quella stella.La lumaca è silenziosa, discreta. Non fa notare la sua presenza ma c'è sempre. Si può non vederla, perchè magari è nascosta in un angolo, sotto una scopa o attaccata al tetto. Di sicuro non la si sente arrivare, però è lì a vedere, provvedere, controllarci e proteggerci dalle brutture che ci possono capitare. COl suo movimento delle sue piccole antenne vuole di certo dire qualcosa, un consiglio da regalare o un desiderio da realizzare. La lumaca ci mette in guardia quando si ritira dentro la sua conchiglia perchè evita in questo modo di guardare ciò che sta per accadere. Si rifiuta. Non vuole sporcarsi lo sguardo e ci invita a non sporcare il nostro.La lumaca è saggia. Silenzio e pazienza sono le sue qualità. Il coraggio la sua natura.

giovedì 30 luglio 2009

L'elogio della lumaca


Esiste un elogio della follia ed esiste un elogio della mosca. Non so se esiste l’elogio della lumaca. Io comunque ho desiderio di farlo. Voglio elogiare la lumaca, per la sua esistenza, per il suo ruolo, per la sua fine.
La lumaca è sempre vista da tutti come la noia materializzata. Lenta nel suo incidere. Millimetrica. Sembra sempre ferma. E invece si muove. Si muove più di quanto noi stessi pensiamo o siamo capaci a fare, perché la lumaca sogna durante il suo impercettibile cammino e ha una mente così aperta e sognatrice che sempre, sempre, sempre, lei si immagina di fare chissà che cosa e in compagnia di chissà chi, in un posto del mondo qualsiasi. Non deve essere per forza quel muro bianco su cui si sta arrampicando o quel tronco di gelso in mezzo alla campagna. La lumaca sogna anche posti mai visti, conosciuti solo perché sentiti nominare dagli altri. Spesso sogna posti che non esistono.
La lumaca ha dei sentimenti. Per questo si porta sempre con sé, dietro di se, sulle sue spalle, il peso dei suoi ricordi e della sua casa, di quello che è stata. Non dimentica mai ciò che è stata. Non si fa abbattere dal peso del suo passato. Ne va orgogliosa e orgogliosamente lo va mostrando lungo tutto il suo infinito cammino. La lumaca ha paura del futuro ma nonostante ciò lo affronta e non si tira indietro. Lascia sempre dietro di sé una scia, un solco, utile per ritrovare la strada appena percorsa.
La lumaca forse pecca d’ingenuità ma non è cattiva. Proprio non riesce a vedere la reale natura delle cose, tende a sminuire e sminuirsi ed è allora che interpreta male ciò che le accade. Non afferra al volo il significato di un saluto, di un bacio o di un sorriso da parte di un’altra lumaca. Li bolla come tutt’altro. Salvo poi capirlo successivamente, dopo un po’ di tempo, con lentezza e magari rimpiangere, provare rimorso o più semplicemente provare a rimediare. Ma il tempo è già passato ed è difficile che il passato diventi presente per un uomo o un animale veloce. Figuriamoci per una lumaca.
Ecco, la lumaca a volte capisce lentamente le cose che le accadono. Credo sia l’unico suo difetto. Per il resto è perfetta di suo. Perfetta nella sua imperfezione, come qualsiasi altro essere vivente.
La lumaca pensa, ama, sogna. Cammina, viaggia. Lentamente. Impercettibilmente. Ma all’infinito.
(to be continued..... maybe)

sabato 25 luglio 2009

La lettera di Marina


Sabato, 22 giugno 2003, ore 17:07…

Caro Alessandro, spero che tu abbia mantenuto la tua promessa! Quando leggerai questa lettera, io sarò già partita. Sono tante le cose che vorrei dirti. Tante già le sai. Altre non te le ho mai dette, forse perché dire certe cose mi spaventava. Potevo sembrare stupida davanti ai tuoi occhi…oppure la solita chiacchierona. E così ho preferito non dirle e tenerle tutte per me e un po’ le ho tenute io per te. Ma adesso non devo avere più paura. Ormai sono partita e non c’è più la possibilità di doverti guardare negli occhi e parlarti e reggere il peso del tuo sguardo. Sono solo parole scritte su un foglio di carta, come tanti altri, ma sono parole che sento veramente mie e che è arrivato il momento di condividerle con te. Sin da quando ci siamo conosciuti, da quell’estate di 3 anni fa, ho sempre pensato che tu non sei uguale agli altri. Tanti cercano solo di apparire forti, super, unici. Tu invece sei diverso. Tu ti sei presentato per quello che eri veramente. Sei unico senza fare nulla per esserlo. Facevi di tutto per stare un po’ con me, ma poi subito ti bloccavi. Giravi lo sguardo dall’altra parte se ci incrociavamo, tremavi se stavamo troppo vicini. Eri buffo, tenero, dolcissimo. Le mie amiche mi chiedevano cosa ci trovavo in te. Non capivano come poteva piacermi un ragazzo così insicuro, e io rispondevo che mi piaceva la tua timidezza, il rossore sul tuo viso se ti davo un bacio sulla guancia, la tua fretta di cambiare discorso se ti parlavo di noi. E poi mi piaceva il modo in cui mi guardavi. Sembrava che non esistesse nessun’altra cosa per te. Solo io e basta. Mi facevi sentire l’unica. Hai impiegato più di 2 mesi per dirmi una cosa che già si leggeva nei tuoi occhi da tantissimo tempo. Sei stato il mio primo vero amore e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Nel periodo in cui siamo stati insieme, non siamo sempre andati d’accordo, un po’ per colpa mia, un po’ per colpa tua. Cercavo di cambiare qualche aspetto del tuo carattere, non capendo che non potevo; e tu a volte eri un po’ troppo testardo…ma non cambierei nulla del nostro passato. Sto mentendo. Forse qualcosa invece la cambierei. Quel pomeriggio ai giardini, davanti la nostra quercia, ricordi? Quando ero tornata da Parigi e ti ho dato il mio regalo. Cambierei la mia risposta. Se potessi tornare indietro, non ti farei andare via. Sono egoista, lo so, ma quel pomeriggio non capivo a cosa io stessi rinunciando. Da quel giorno, nei tuoi occhi non ho più visto l’amore che provavi per me, non ho più visto la dolcezza e l’adorazione, ho visto solo tristezza. La stessa tristezza che aveva riempito anche i miei occhi. Quando poi realizzai cosa avevo perso quel pomeriggio, tu ormai avevi deciso di dimenticarmi, e io non ho voluto, oppure non ho potuto, convincerti che non doveva finire in quel modo. Con tanto dolore, avevi già iniziato a dirmi addio, e da quella sera nella mia auto, ho cominciato anch’io a dirti addio. Si vede che doveva finire così. Tante cose ormai ci dividono, 2000 e passa chilometri ci separano, e le cose non credo che miglioreranno. Non te l’ho mai detto, ma la mattina che hanno buttato giù la quercia, la nostra quercia, sono stata ai giardini, per vedere per l’ultima volta il simbolo del nostro amore. Quella quercia aveva visto tutto di noi e quella mattina, dicendole addio, ho salutato per sempre anche noi. E così ora mi ritrovo qui. Distesa sul mio letto. Ho addosso la maglietta che mi hai regalato tu la scorsa estate, quella bianca con tutti quei cuoricini rossi disegnati, sto ascoltando ormai per la 17° volta di fila “Polly”, la mia canzone, quella che il giorno dopo che ci siamo lasciati, ho richiesto con un messaggino alla radio. Le pale del ventilatore girano veloci e quasi mi sento ipnotizzata, e penso alle stesse eliche dell’aereo che domani mi porterà via. Ti ho detto una stupidaggine, lo so. Gli aerei ormai non hanno più le eliche, ma quello di domani mi porterà veramente lontano da te. Verona, la città di Romeo e Giulietta. Buffo vero? Non ci vedremo più. E se ci vedremo, saremo diventati dei “quasi estranei”. Ci saluteremo con una stretta di mano, descrivendo tutti gli anni passati lontani con un semplice “tutto bene, grazie”. Cosa provi a pensarlo? Io provo tanta tristezza, malinconia e desolazione. Partendo, lascio qua oltre che il mio primo vero amore, anche il mio migliore amico e con lui un grosso pezzo del mio cuore. Sanny, ti dico l’ultima cosa importante che sento di dirti: ti amo. Non ti dimenticherò mai. Per sempre tua, Marina…..

P.S. Non te l’ho mai chiesto, ma quale foto hai messo nella cornice che ti ho portato da Parigi? Hai messo la nostra ultima foto? Io la mia l’ho messa nella cornice accanto al cuscino.

(tratto da Liber, sull'onda del ricordo)

lunedì 20 luglio 2009

Pari e dispari


E’ un campo sconosciuto la matematica e in particolare la numerologia per un ragazzo che studia materie umanistiche e che di tanto in tanto scrive. Eppure, dietro ogni numero e dietro ogni combinazione di numeri, c’è una filosofia e un filone di pensiero.
Pari o dispari?
Meglio il numero o meglio il numero dispari?
Ebbene, ho sempre preferito il numero dispari. Sarà che il dispari è visto dall’esterno come quel numero tendente alla solitudine o a restare solo. In questo caso il numero uno inganna tutti. Però, nonostante questo, ho sempre scelto il dispari ad esempio quando da bambino si facevano le “conte”. E lo scelgo ancora oggi.
Il numero dispari è per me ciò che di bello c’è nella matematica, perché non è perfettamente divisibile per due e a causa di ciò lascia sempre qualcosa come resto. Che belle le cose che lasciano i resti, a differenza delle cose che arrivano, passano e vanno via, lasciando il nulla dietro i loro passi.
Il numero dispari invece lascia un resto , una traccia di sé, di quello che è stato. Il numero dispari non dimentica e non viene mai dimenticato.
E’ questa la bellezza di questo numero. Un numero che al tempo stesso viene visto in modo corvo dagli altri perché tendente alla solitudine e poi lascia sempre un resto quando si divide in due.
La vita. La mia vita.
Io sono un numero dispari. Tendente alla solitudine, che però quando decide di dividersi in due e iniziare una vita in due, allora fa di tutto per lasciare dietro di sé una traccia del suo passaggio e della sua esistenza.
Tutto ciò che il numero pari non fa. Si divide in due e poi il nulla. Scomparso per sempre, senza una traccia che possa portare a lui. Come se non fosse mai esistito.

domenica 12 luglio 2009

L'arte di essere felici: Massima 13


Tratto dal libro "L'arte di essere felici" di Arthur Schopenhauer.


Se si è sereni, non chiedere per giunta a se
stessi l'autorizzazione a esserlo,
stando lì a riflettere se si ha per davvero motivo
di essere sereni da tutti i punti di vista.

mercoledì 8 luglio 2009

Perchè corro


Non importa dove si arriva. Ciò che conta è partire. Iniziare a correre e vedere la realtà davanti ai propri occhi mutare, cambiare forma e colore; perdere i suoi confini ben definiti e mischiarsi, l'albero con la sabbia, le foglie con il cielo, l'asfalto con le macchine.
Solo in questo modo si ha la piena consapevolezza che si sta correndo. Non esistono altri artefizi, altri metodi o diavolerie. Neanche ci si può fidare del giudizio altrui, esterno alla nostra persona, perchè tale giudizio può essere facilmente influenzato da falsi punti di riferimento o da errati punti di vista. Invece, il senso della vista e del tatto ci vengono in soccorso facendoci apprezzare in tutto il suo dolce sapore, il gusto della corsa, del movimento, del cambiamento.
Perchè la corsa è sinonimo di cambiamento. Di evoluzione. Forse negativa. Ma di certo evoluzione.
Non importa dove si va e dove si arriva. Conta che si sta andando e contano tutte quelle cose che durante la corsa si pensano. Sono quelle cose che colorano la nostra giornata, che ci regalano sorrisi, a volte luminosi a volte un pò cupi; ci regalano emozioni forti e anche qualche paura.
Prima o poi da qualche parte si arriva. E' logico. Ogni cosa al mondo, salvo poche, pochissime, rare eccezioni, ha un suo inizio e ha una sua fine. La corsa è tra queste.
Ha un inizio e ha una fine.
Io per tali motivi corro... E se qualcuno dovesse domandarmi perchè corro.. allora io rispondo come ha risposto Forrest Gump: "Corro perchè mi va di correre"