martedì 29 maggio 2007

Jules et Jim


Giorni fa ho avuto il piacere di vedere un film, un film di altri tempi: Jules e Jim, di Francois Truffault.
Un film davvero affascinante, in bianco e in nero, pieno di filosofia e di idee.
Parla dell'amicizia tra due uomini: Jules, scrittore tedesco, e Jim, scrittore parigino. Amici per la pelle, che parlano di arte, letteratura e scultura. Un giorno, nella vita dei due arriva Catherine, bella donna parigina, estroversa e amante della libertà e del divertimento, di cui Jules presto s'innamora. I due amici si dividono per la Grande Guerra, combattendo su fronti opposti ma alla fine delle guerra si ritroveranno e torneranno a condividere discorsi, storie di vita e avventure. E' un film strano perchè vengono presentati l'amore e l'amicizia da punti di vista inconsueti. Viene presentata un'amicizia che va aldilà di qualsiasi cosa, che supera ogni ostacolo, sempre sincera, sempre schietta. Viene presentato un amore che esce fuori dalla coppia e dai soliti stereotipi. Un amore sofferto, cercato, accontentato, dimenticato, ripreso, rinnegato, rifiutato...
Una frase mi è rimasta fissa in mente in particolare, più di tante altre frasi: Ho sempre amato la tua nuca, la sola parte di te che potevo guardare senza essere visto.
Credo sia una frase che racchiuda in sè tutto il significato di un amore clandestino, di un amore impossibile, di un amore che può solo essere sentito ma mai vissuto fino in fondo. Un amore che per essere felice deve causare necessariamente l'infelicità di un altro amore.
E cosa fare in questi casi? Vanno vissuti tutti gli amori o qualcuno può anche morire senza essere nato prima? E' un peccato lasciare il proprio amore nel silenzio di un cuore che non vuole parlare, nel buio di una vita che non vuole essere illuminata? Oppure ci sono amori che proprio in quel silenzio trovano la musica su cui danzare leggeri come Fred e Ginger? Che in quel buio trovano lo spazio per brillare come le stelle dell'Orsa Maggiore?
Comunque sia, qualunque siano le risposte a queste domande, vi consiglio di vedere questo film se mai avrete l'opportunità.
Difficilmente lo danno in tv. L'hanno fatto sabato scorso su Rai3 alle 3 di notte.
Cercatelo però... ne vale la pena!!!

giovedì 24 maggio 2007

A mezzanotte


A mezzanotte una musica mi fa pensare a te che distesa su un letto di petali di rose rosse dormi serena e tranquilla, immersa in un sogno dorato. Morfeo ti culla nella notte, ti protegge dai demoni che aleggiano nel buio e con il suo fiato accarezza il tuo viso chiaro, i tuoi capelli scuri, ricci e lunghi.
Mi affaccio alla finestra e vedo un lento e flebile alternarsi di luci e ombre nelle case di stanze che si illuminano e si spengono come ordinati da un enorme mago. Le luci dei lampioni formano coni di luce che via via diventa buia e nasconde dentro di sé ogni pensiero, ogni speranza, ogni illusione che stanotte mi fa compagnia.
Nella musica riesco a distinguere il suono dolce di un pianoforte che ad ogni tasto segna il lento trascorrere del tempo, segna ogni secondo che arriva e che si perde nell’infinito, tornando a popolare quel nulla da dove era partito. Ogni secondo che segna la vita di tutti noi, ogni secondo che forma i minuti che ho sentito passare nell’attesa di incontrarti la prima volta, che forma le ore che ho avvertito passare quando con te camminavo per le vie della città illuminate da un sole invernale insolitamente caldo per il mese di gennaio, che forma i giorni che ho subito passare per rivedere i tuoi brillare davanti ai miei, per annusare l’odore della tua pelle, per restare incatenato dai tuoi capelli.
A mezzanotte le nuvole si confondono con il cielo, perdono i loro confini e il loro colore; le stelle esplodono tutte insieme come tante piccole scintille di un fuoco che è sempre acceso come un amore che non sente ragione di quietarsi, come un amore appena nato ma già tanto forte da riscaldare il cuore per millenni.
A mezzanotte siamo tutti un po’ soli anche se in mezzo a migliaia di altra gente che urla, sorride e piange attorno a noi. Sentiamo la mancanza di una mano che stringe la nostra e di un bacio sulla guancia che trasmette amore e passione. Proviamo la solitudine che solo un palloncino può provare quando scivola dalle mani di un bambino e sale su nel cielo, sempre più in alto, sempre più libero ma sempre più solo. Proviamo l’incertezza di una decisione che non abbiamo mai preso e che forse mai prenderemo perché in fondo abbiamo paura delle cose che non conosciamo e quindi evitiamo di conoscerle. Evitiamo di fare le domande giuste, evitiamo di ascoltare le risposte giuste. Diamo noi il significato alle parole che sentiamo, un significato che sia il più possibile nostro amico.
A mezzanotte ho chiuso gli occhi e ho sognato di vedere una coppia di ballerini volteggiare sotto la luce di un lampione, tra i passi di un passionale tango argentino, stretti nell’ombra della strada.
Lei aveva un vestito rosso lungo ai piedi, i capelli raccolti e una rosa sopra l’orecchio destro. Lui un vestito nero con una camicia bianca. In tasca aveva un fazzoletto rosso che si intravedeva dalla giacca e al polso un bracciale, ricordo della madre.
Lei aveva gli occhi fissi su di lui. Si affidava a lui nel veloce viaggio del tango. Nelle sue braccia si era buttata e in quelle braccia voleva trovare la felicità che rincorreva. Lui aveva gli occhi fissi su di lei. La conduceva nel veloce viaggio del tango. La stringeva sul fianco e sentiva di possedere un tesoro, più ricco di milioni di monete d’oro e di calici con diamanti, possedeva quello che mai aveva avuto prima di allora: il cuore e l’amore di una donna che proprio il suo amore aveva tempo prima rubato e custodito.
A mezzanotte ho riaperto gli occhi e lo potrei anche giurare: ho visto quei ballerini davanti a me, in strada, sotto la mia finestra, nella luce di un lampione.

mercoledì 23 maggio 2007

15 anni fa...


15 anni fa, sull’autostrada Palermo-Mazara, nei pressi di Capaci, un grande uomo siciliano subiva un attentato, nel quale perdeva la vita, assieme alla moglie Francesca Morvillo.
In suo onore, voglio ricordare la vita di questo grande uomo.

Giovanni Falcone nacque a Palermo il 18 maggio 1939. Figlio di Arturo Falcone, direttore del Laboratorio chimico provinciale, e di Luisa Bentivegna, aveva due sorelle maggiori, Anna e Maria. Giovanni Falcone studiò al liceo classico "Umberto" e successivamente, dopo una breve esperienza all'Accademia Navale di Livorno, iniziò a studiare Giurisprudenza all'Università degli studi di Palermo dove si laureò magna cum laude nel 1961, con una tesi sulla "Istruzione probatoria in diritto amministrativo".
Vinse il concorso in magistratura nel 1964 e per breve tempo fu pretore a Lentini e poi sostituto procuratore a Trapani per 12 anni. Qui, a poco a poco nacque in lui la passione per il diritto penale. Arrivò a Palermo e dopo l'omicidio del giudice Cesare Terranova cominciò a lavorare all'Ufficio istruzione. Il consigliere istruttore Rocco Chinnici gli affidò, nel maggio 1980, le indagini contro Rosario Spatola: era un lavoro che coinvolgeva anche criminali negli Stati Uniti e che era osteggiato da alcuni altri magistrati. Alle prese con questo caso, Falcone comprese che per indagare con successo associazioni mafiose era necessario basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie, per ricostruire il percorso del denaro che accompagnava i traffici e ricostruire un quadro complessivo del fenomeno e per evitare la serie di assoluzioni con cui si erano conclusi i precedenti processi contro la mafia. Si può considerare una svolta, per la conoscenza non solo di determinati fatti di mafia, ma specialmente della struttura dell'organizzazione Cosa nostra, l'interrogatorio iniziato a Roma nel luglio 1984 in presenza del sostituto procuratore Vincenzo Geraci e di Gianni De Gennaro, del Nucleo operativo della Criminalpol, del collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta.
Le indagini portate avanti da Falcone e dal pool di magistrati da lui creato, sull'esempio di quelli organizzati contro il terrorismo pochi anni prima, portarono ad istruire il primo Maxiprocesso fatto a Palermo (che terminò il 16 novembre 1987) contro la mafia, che vedeva imputate 475 persone. Dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà nell'estate 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, si cominciò a temere per l'incolumità anche dei due magistrati, che furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell'Asinara.
Nel gennaio 1985 il Consiglio Superiore della Magistratura, nella votazione fra Falcone e Antonino Meli, basandosi sull'anzianità di servizio, nominò il secondo a capo dell'Ufficio istruzione, in luogo di Caponnetto che aveva lasciato l'incarico per raggiunti limiti di età. Da questo momento in poi Falcone e il suo pool dovettero fronteggiare un numero sempre crescente di ostacoli alla loro attività: persino la Cassazione sconfessa l'unitarietà delle indagini in fatto di mafia affermata da Falcone e dall'esperienza del suo pool; in questo periodo si svolge anche la vicenda del "corvo", una serie di lettere anonime diffamanti il Pool antimafia e i suoi membri. Nell'autunno 1986 Meli sciolse ufficialmente il pool. Qualche tempo dopo Claudio Martelli, allora vicepresidente del Consiglio e ministro di Grazia e Giustizia ad interim, gli offrì di dirigere la sezione Affari Penali del ministero e Falcone accettò.
In questo periodo, che va dal 1991 alla sua morte due anni dopo, Falcone fu molto attivo, cercando in ogni modo di rendere più efficace ed incisiva l'azione della magistratura contro il crimine.
Falcone muore nella strage di Capaci il 23 maggio 1992. Una carica di 500 chili di tritolo fa saltare in aria l'auto blindata su cui viaggiano lui e la moglie, insieme al tratto di autostrada su cui stanno transitando.Insieme a Falcone e alla moglie Francesca Morvillo, magistrato anche lei, muoiono gli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro.

Sono passati ormai 15 anni da quel tragico giorno e il suo esempio, fatto di onestà, serietà e impegno, non è ancora svanito.
Quello che oggi rappresenta per tutti noi l’Antimafia lo dobbiamo alla figura di Giovanni Falcone in primis e a quelle delle altre vittime della strage di Capaci, che con il loro sacrificio hanno fatto acquisire a tutti la giusta visione della mafia: crudelà, disonestà e morte.
Ricordo ancora quel giorno. Avevo poco più di 10 anni, guardavo quel pomeriggio la TV e non mi rendevo bene conto di quello che era successo. I tg parlavano di elezioni del Presidente della Repubblica Italiana. Da lì a poco Oscar Luigi Scalfaro prendeva il posto di Francesco Cossiga e la Sicilia, l’Italia e il mondo perdevano un giudice coraggioso.
Onore quindi a Giovanni Falcone, a Francesca Morvillo e agli agenti della scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montanaro.

«Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana.»

venerdì 18 maggio 2007

L'amore ti fa sentire un puzzle incompleto


Da qualche giorno mi ritrovo a pensare a cosa in realtà l’amore sia per una persona, cosa l’amore sia per una persona il cui obiettivo è quello di trovarlo e viverlo fino in fondo.
Tutto è iniziato quando mi trovavo seduto ad un tavolo, amico tra gli amici, a discutere di ciò che l’amore significa per una vita.
I discorsi si facevano sempre più seri e più profondi.
“L’amore, si diceva, è un sentimento che rende felici. La vita appare come una enorme distesa di erba fresca e di fiori profumati, sotto un sole caldo e luminoso che riscalda l’aria e gli amanti che in quel prato si coccolano e si abbracciano”.
“L’amore, si diceva, è un’invenzione dell’uomo, che nasce dalla mente malata di qualcuno, che debole si aggrappa a qualunque cosa per farsi forza, anche alla più insignificante e inconsistente”. “L’amore, si diceva, non lo conosco perché non ho mai amato e mai nessuno ha amato me”.
Gli occhi brillavano, anche grazie alle luci soffuse che illuminavano il locale e la mia mente continuava a viaggiare in quei discorsi, quel viaggio che avevo iniziato tanti anni fa quando, ancora fanciullo, mi ero affacciato alla finestra di casa, avevo buttato fuori l’occhio e avevo scoperto un mondo fuori così brutto e cattivo che solo l’amore forse poteva addolcirlo.
Ed ero uscito, speranzoso e allegro, alla ricerca dell’amore, cercandolo dietro gli angoli di ogni strada, dentro ogni casa del paese.
L’ho cercato dietro gli occhi che incrociavo, dentro ogni cuore che sentivo battere, in ogni parola che sentivo pronunciare.
Ho scalato le montagne, ho percorso le discese. Mi sono precipitato dai burroni e ho attraversato i fiumi sui ponti.
Ho cercato l’amore e ancora lo cerco, con uno spirito mai avvinto.
“E per te cosa è l’amore?”
Per me?
Questa domanda all'improvviso aveva interrotto il film dei miei ricordi misti a pensieri.
Per me l’amore è il sentimento più bello e più nobile che l’uomo può mai sognare di provare. L’amore è una dolce sinfonia di archi e di pianoforte, sulle cui note una coppia balla un tango argentino caldo e passionale.
L’amore è una rosa bagnata dalla rugiada della mattina che rubi ad una siepe per portarla in dono alla donna che è in attesa di te nella stanza dei sogni. L’amore è quel bacio che segue la rosa, quel battito del cuore che segue il bacio, quel senso di trasparenza che segue il battito. Sembri essere insensibile a qualsiasi tocco e a qualsiasi senso, come se tutto il mondo fosse chiuso in quella stanza e come se quella stanza fosse tutto il tuo mondo.
Per me l’amore è anche un sentimento crudele, impietoso, doloroso.
L’amore è una preghiera che non viene ascoltata da Dio, è un perdono che non arriva mai, è una penitenza che non serve a nulla.
L’amore ti fa sentire la mancanza di qualcosa che non hai mai avuto. Sembra impossibile ma è la realtà.
L’amore ti fa sentire la mancanza di quella felicità che non hai mai provato, di quel calore che non hai mai sentito, di quel amore che non hai mai ricevuto.
E ti fa sentire inutile, senza alcun ruolo o scopo nella vita.
Ti fa sentire sbagliato come un cappotto in pieno agosto in riva al mare.
Ti fa sentire incompleto come un puzzle a cui manca un pezzo per essere finito e dimostrare a tutti il suo colore e tutta la sua bellezza.

mercoledì 9 maggio 2007

Cento Passi


Oggi è l’anniversario della morte di un grande uomo, di un grande siciliano, che con le sue azioni e le sue idee ha combattuto la mafia e ha pagato con la propria vita.

Giuseppe Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una Giulietta al tritolo nel 1963). Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L'Idea socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici. Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale.
Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, del suicidio.Grazie all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato proprio a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l'inchiesta giudiziaria.
Il 9 maggio del 1979, il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il paese. Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.
Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza Connection. Nel gennaio 1988, il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l'archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un'istanza per la riapertura dell'inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell'omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l'inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto.
Il 10 marzo 1999 si svolge l'udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l'Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia all'udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell'udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell'Ordine dei giornalisti. Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo.

Peppino Impastato ha lottato contro ogni tipo di mafia, non abbassando mai la testa, non cedendo mai alle minacce, sempre fiero e sicuro, sempre deciso ad inseguire i propri ideali e i propri sogni. Il sogno di una terra finalmente libera da soprusi, da delitti, da racket, da criminalità, da ingiustizie, da politici corrotti e uomini corruttori.
Peppino Impastato con il suo esempio ci ha insegnato che non bisogna mai smettere di lottare per difendere qualcosa in cui crediamo. Per questo oggi, nel mio piccolo, volevo onorare la sua memoria con questo breve scritto, dicendo solo una piccola, banale, semplice e davvero sentita parola: Grazie!

“…io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda, io voglio urlare”

venerdì 4 maggio 2007

Stella che si muove


Non so bene perché oggi mi sono ritrovato qui davanti a scrivere qualche pensiero veloce come un aeroplano. Non so bene neanche cosa scriverò.
Mi sono messo qui quasi per caso.
Sento dentro il bisogno di scrivere qualcosa, di scrivere quelle parole che non ho mai scritto e che forse non scriverò nemmeno stavolta. Perché credo che siano loro che spesso scelgono di essere scritte. Come se ci fosse una voce occulta, estranea a noi, possente e tenebrosa, che dall’ombra ci detti le parole che vogliono essere pronunciate e scritte. E noi non possiamo fare altro che restare lì, attenti ad ascoltare e prestare alla voce oscura le nostre mani e la nostra mente.
Vengono così fuori pensieri che neanche si pensava di pensare.
Pensieri che contengono amore per una ragazza che lentamente prende spazio nel tuo cuore, lo accerchia, lo accarezza e alla fine lo strappa e se lo porta via. Pensieri che contengono speranza per un futuro che neanche ci rispetta, che veloce fugge via, lontano dalla portata delle nostre azioni.
Pensieri che contengono rabbia e delusione per un presente che non condividi,per una faccia troppo tonda, per dei capelli troppo corti, per due occhi troppo espressivi, che lasciano trasparire senza alcuna difficoltà qualunque sentimento il cuore provi.
Mi sono appena affacciato alla finestra della mia stanza nel cuore della città e ho appena visto una stella che si muoveva.
Lo so che le stelle sono stelle fisse. Ferme da milioni da anni e che non basterebbero le preghiere di una vita per convincerle a spostarsi anche solo di un infinito millimetro. Ma giurerei di aver visto una stella muoversi.
Aveva i capelli marroni come la terra di un campo di primavera. Sottili e soffici come fili di lana, morbidi come cuscini di seta e di piuma. Erano ricci come le bolle di sapone in una vasca da bagno calda e profumata.
Aveva due occhi grandi e luminosi che abbagliano qualunque sguardo ha la sventura o la fortuna di incontrarli nella strada. Marroni con una leggera striatura verde, impercettibile ma che ad un occhio più attento, un occhio da innamorato, non può non svelarsi. Ciglia perfette, lunghe e delicate come fili d’erba che in primavera solleticano le colline e le farfalle che dondolano tra i fiori.
Aveva due labbra lisce e chiare che sembrano uscite fuori da un dolce alla fragola. Dolci come lo zucchero e perfette nelle linee, imprimono nella mente immagini oniriche di inseparabili baci d’amore, con le guance che quasi si sfiorano. Due labbra fresche come i petali di una rosa bagnata dalla rugiada della mattina.
Questa stella aveva un cuore che batteva forte e pulsava sangue misto a sentimenti divini. Lo sentivo esplodere di gioia e di felicità anche per la più piccola e banale meraviglia. Accelerava il suo battito e tuonava come un pianoforte sotto le mani di Chopin.
Aveva anche un nome, con il quale la chiamavo e lei si voltava disinvolta e bella.
Perché era bella. Di una bellezza disarmante, che non esistono parole per descriverla. Esistono solo silenzi per ammirarla. Per venerarla. Per sognarla di notte quando Morfeo viene con la sua coperta a coprire i miei occhi. Per sognarla di giorno in ogni cosa che faccio, che vedo o che sento.
Quando apro gli occhi e sposto le tende della mia finestra. Quando sciacquo la mia faccia con l’acqua fresca del rubinetto. Quando esco fuori e incontro auto e uomini. Quando mi siedo. Quando mangio. Quando ascolto la musica uscire dal mio stereo. Quando semplicemente mi fermo e inizio a pensarti.