giovedì 30 agosto 2007

I 5 secondi più lunghi della mia vita


Oggi voglio fare una cosa che non ho mai fatto. Voglio raccontarvi un episodio reale della mia vita, un episodio realmente accaduto.
Ieri ho vissuto i 5 secondi più lunghi della mia vita, 5 secondi che mi hanno trasportato dal botto a terra fino al mio arresto contro una macchina. In quei 5 secondi ho visto davvero la mia vita scorrermi davanti gli occhi, come si sente spesso nei film. E proprio a questa frase io non ho mai creduto. Mi sono ricreduto adesso.
In quei 5 secondi, mentre scivolavo veloce sull'asfalto, con sopra la mia moto, nell'attesa del botto con l'auto, ho visto decine di visi, di sguardi, di amici e parenti. Ho visto situazioni che ho vissuto e ho pensato a migliaia di idee e pensieri. Come un fuoco d'artifico che in un attimo scoppia e si scatenano migliaia di fiammelle e fiaccole
Quei 5 secondi sono diventati indelebili dalla memoria per me. Durante la notte insonne ho pensato milioni di volte a quel botto. L'ho riprovato sulla mia pelle. Sento il rumore della caduta a terra e il bruciore dell'asfalto sulla pelle. Penso a cosa avrei potuto fare per evitare quell'auto che mentre ero in fase di sorpasso ha deciso di svoltare tagliandomi la strada, costringendomi ad una frenata e alla scivolata. Poi però realizzo che forse me la sono chiamata. Chi di voi mi conosce, sa che in fondo mi doveva succedere prima o poi perchè sono le passioni le cause dei maggiori dolori, fisici e mentali, e io per le moto ho una passione senza uguali.
Risultato: ferite, ematomi, graffi e dolori. E l'aver visto in 5 secondi tutta la mia vita scorrermi davanti.

sabato 25 agosto 2007

Vola, canzone, rapida


Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell'amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida - la senti?
- l'allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.


- Paul Verlaine

giovedì 23 agosto 2007

Le mie parole




Penso che non leggerai mai queste parole ed è per questo forse che le scrivo senza alcun pensiero, senza temere la tua reazione o anche il minimo cenno di riflessione. Sono come un vecchio giradischi che suona in una stanza deserta, vecchia negli arredamenti e con le pareti sporche di impronte di piedi e di scritte illogiche. Nessuno mi ascolta, nessuno capisce il senso delle mie parole. Solo tu le puoi capire ma proprio tu sei la prima a non leggerle.
Forse le leggerai ma serena sorvolerai su di loro, come un aereo sul mare.
Proprio la visione di un aereo in questa notte calda d'estate, in cui sembra che un fuoco arde all'interno di ognuna delle nostre anime, mi ha riportato la mente a te, alla tua pelle scura e liscia e ai tuoi occhi grandi e pieni di mistero.
Leggi nel mio sguardo l'amore che nutro ogni giorno per te, l'amore che cresce come un fiore nel prato verde che ognuno di noi conserva e cura nel proprio cuore.
Ascolta nel mio silenzio le parole che da sempre vorrei dirti e che non sono mai riuscito a dirti, perchè l'amore non va cantato. L'amore va soltanto provato e nulla di più. Già la stessa dichiarazione lo fa apparire come condizionato da un sentimento di corrispondenza, sentimento che a me non serve. Perchè a me basta soltanto l'amore che provo io per te. Di lui mi accontento e con lui ho deciso di sopravvivere in questa vita strana e folle.
Le mie sono le parole che qualsiasi innamorato dice alla persona che ha rubato il suo amore, che qualsiasi innamorato vuole sentirsi dire all'orecchio, come fosse un angelo a sussurarlo, mentre fuori il mondo continua nella sua rotazione, nel suo movimento, lento e impercettibile. Le mie infine sono parole che puoi solo immaginare e al momento non puoi sentire perchè sono parole che meritano di essere custodite. Me le ripeterò quando avrò voglia di pensarti, di sognare la bellezza della tua mano stretta nella mia. Sono come respiri portati via dal vento. Sono sentimenti che non vogliono essere svelati.

lunedì 20 agosto 2007

Il tango della Gelosia



E' un attimo. Basta voltarsi lo sguardo, notare tra tanti colori, quei colori che ti piacciono, vederli abbinati ad altri colori e in altre forme e lei lentamente sale, si riscalda e bolle dentro. La senti salire sempre di più, come una bolla d'aria calda, come la lava dentro un vulcano, come l'acqua del mare nelle sere di luna piena.
I pensieri si moltiplicano, si mischiano e si confondono tra di loro.
Prima guardi lontano, poi ti volti e fai l'indifferente ma intanto pensi e immagini cosa stia succedendo dietro di te e quindi ti rivolti di nuovo e scorgi quei colori sempre "traditori".
Cerchi di pensare ad altro ma non ci riesci. Non c'è proprio modo di non pensarci. Non c'è via d'uscita e nessuna uscita d'emergenza.
Benvenuto anche tu nel fantastico mondo della Gelosia.





Non è la "gelosia"!
.................quello che sento.......
quello che sento dentro!
È più una "malattia"

che "non ci riesco"
che non capisco proprio!!!
Ma dimmi........."una bugia!"

che cosa Conta!
Se tu "sei solo Mia"!
che cosa Importa!
il resto......"è una follia!.....

"come un "fantasma"!
il resto "è colpa mia!"
Colpa mia e Basta!
Ma "non Andare Via!

Stammi vicino.......
stammi molto vicino!
E "NON ANDARE VIA!

"neanche con lo "sguardo"
quando mi siedi accanto!
perché la "gelosia"

è solo "questo"!
perché la gelosia!
non è nient'altro!
....Niente........che "colpa mia"!
perché "senz'altro"!
......SENZ'ALTRO "CHE SEI MIA"!
.........e di chi Altro!
........ma non "andare via"!............
.........ma non "andare via"!

domenica 19 agosto 2007

La notte di Ferragosto

La sera era arrivata dopo un giorno poco vissuto perchè intento a recuperare il sonno perduto, smarrito nella notte di metà agosto, trascorsa davanti al rovesciamento continuo di onde, su una sabbia fredda e umida, calpestata da migliaia di piedi, di tutte le forme e di tutte le misure, sotto un cielo aperto e stellato come pochi nel mondo, graffiato da stelle cadenti veloci e timide. Notte trascorsa a cercare di vedere tra tante teste, la sua.
Timida era anche la luna che appariva stretta e sottile nel nero del cielo, come arco in mano di Cupido, il Dio che quella sera avrebbe vegliato sui sogni e sui baci di mille amanti e occhi innamorati. La stanchezza c'era ma bastava non risponderle per non sentirla.
Quatrro chiacchiere tra amici erano le scene che si sviluppavano davanti ai miei occhi. Ogni tanto un piccolo sorso dal bicchiere scuro davanti a me, che conteneva il solito whisky&cola. Qualche sorriso di circostanza e qualche sguardo perso tra gli altri tavoli alla ricerca di un sogno da sognare, di un viso da guardare, di un cuore da amare. E all'improvviso quello che cercavo si palesava davanti ai miei occhi, in mezzo alle schiene di ragazze sedute ad un tavolino del bar.
Un sogno che silenziosamente mi invita a sognarlo; un viso che timidamente mi istiga a guardarlo, un cuore che teneramente mi esorta ad amarlo. Tutto quello che cercavo adesso si trova a pochi passi da me, seduta tra le sue amiche, fragile come un filo d'erba fresca e pura, luminosa come una perla appena trovata.
Il mio corpo restava fermo e lontano da quel tesoro ma la mia mente no. La mia mente già volava leggera nell'aria e si sedeva accanto a lei, per respirare della sua aria, per sfiorare lo sguardo dei suoi occhi e accarezzare con mano tremante il suo viso e le sue mani.
Lei non lo sapeva. Neanche lo immaginava. Nessuno lo immaginava ma io quella sera vivevo una seconda giornata, diversa da quella reale, unica perchè da me inventata e vissuta.
Lei non se ne accorse ma io quella sera sono stato lì seduto, su un'altalena poco sopra la sua testa. Mi avvicinavo e mi allontanavo sempre più lontano e sempre più vicino, tagliando l'aria notturna come una stella cadente.
Ho ascoltato i suoi discorsi, ho capito le sue domande e ho immaginato le sue risposte.
Mi dondolavo lentamente come un bambino spinto da dietro dal vento e pensavo alla follia di un'idea: amarla.

giovedì 16 agosto 2007

La lezione della farfalla


Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco.
Dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo.
La farfalla uscì immediatamente. Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L’uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare. Non successe nulla! In quanto, la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.
Non fu mai capace di volare.
Ciò che quell’uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l’intenzione di aiutare non capiva, era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare. Era la forma con cui Dio la faceva crescere e sviluppare. A volte, lo sforzo é esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.
Se Dio ci permettesse di vivere la nostra esistenza senza incontrare nessun ostacolo, saremmo limitati. Non potremmo essere così forti come siamo. Non potremmo mai volare.
Chiesi la forza... e Dio mi ha dato le difficoltà per farmi forte.
Chiesi la sapienza...e Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Chiesi la prosperità... e Dio mi ha dato cervelloe muscoli per lavorare.
Chiesi di poter volare... e Dio mi ha dato ostacoli da superare.
Chiesi l’amore... e Dio mi ha dato persone con problemi da poter aiutare.
Chiesi favori...e Dio mi ha dato opportunità.
Non ho ricevuto niente di quello che chiesi...Però ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno.

lunedì 6 agosto 2007

In Paradiso c'è silenzio?


In Paradiso c’è silenzio?
E’ la domanda che fischietta nella mia testa durante le ore del giorno quando faccio del mio meglio per ingannare la vita e forse me stesso. Aprire gli occhi al comando della mente, lentamente schiarirsi la vista e iniziare a vedere le ombre alternate con le luci, tra gli oggetti della stanza che ha custodito i miei sogni durante la notte, li ha cullati quando essi piangevano e li ha nutriti quando essi avevano fame. Alzare lo sguardo alle mura bianche della mia casa, al verde giardino fuori dalla mia porta, alle migliaia di colori che mi attendono nelle strade del mio paese. Salutare gli amici, ossequiare i conoscenti e incuriosirsi per gli sconosciuti. Ridere e parlare, anche del nulla, basta che io parli. Correre e gridare. Sentire il vento che striscia fra i miei capelli, che scivola sulla mia pelle e che scorre sulle mie braccia. Uscire da casa e mischiarsi in mezzo a decine di altri volti, di altre voci, di altri passati perduti, presenti incerti e futuri opprimenti. Cercare nelle gocce del vino la soluzione ai nostri problemi, le risposte alle nostre domande.
In Paradiso c’è silenzio?
Ma prima di chiedermi se in Paradiso c’è silenzio, dovrei chiedermi cosa è e dove si trova il Paradiso. Il Paradiso esiste?
Il Paradiso è la mia città, fatta di macchine rumorose e fumanti che si spostano senza nessuna sosta, avanti e indietro, su lunghi nastri di asfalto scuro e caldo sotto il sole d’estate; fatta di persone che si guardano attraverso gli occhiali e sotto i cappelli, che si sorridono e che si insultano presi dagli istinti animali che appartengono all’uomo sin dalla sua comparsa sulla Terra; fatta di case alte a tal punto da nascondere il paesaggio della campagna attorno ma basse a tal punto da non impedire al vento di urtare la mia finestra e al sole di entrare nella mia stanza.
Il Paradiso è la mia città, fatta di mille contraddizioni, divisa tra la povera ricchezza e la felicità ostentata e artificiale di poche persone sedute davanti al bar della piazza, chiusi nella loro bella prigione dorata di arroganza e falsa superiorità e la ricca povertà e la felicità nascosta e reale di molte persone distese su un letto di riposo o passeggianti nel recinto della piazza.
Il Paradiso è la mia città quando tra le mille anime c’è la tua, anche se distante, anche se non da sola, anche se non pensante a me. Mi basta sapere di averti nella mia stessa città che questa diventa il mio Paradiso. L’acqua diventa pulita e fresca, le farfalle di nuovo colorate e i fiori nuovamente profumati e colorati.
Tu immersa nel lago che sembra una fontana, con l’acqua che salta in aria e zampilla sulla tua pelle liscia e delicata, felice come felice è l’amore nei cuori di due innamorati e un canto da te intonato come musica.
Ecco, in Paradiso non c’è silenzio perché in Paradiso ci sei tu che canti, beata tra gli angeli che ti accompagnano con arpe e violini, celeste chiusa nel bianco della tua veste di pizzo e di organza, sognante tra le note della canzone e amorosa tra i colori del mio sguardo e le pieghe del mio sogno.

mercoledì 1 agosto 2007

L'isola che non c'è

C'era una volta un'isola, dove vivevano tutti i sentimenti e i valori degli uomini: il Buon Umore, la Tristezza, il Sapere... così come tutti gli altri, incluso l'Amore. Un giorno venne annunciato ai sentimenti che l'isola stava per sprofondare, allora prepararono tutte le loro navi e partirono, solo l'Amore volle aspettare fino all'ultimo momento. Quando l'isola fu sul punto di sprofondare, l'Amore decise di chiedere aiuto.
La Ricchezza passò vicino all'Amore su una barca lussuosissima e l'Amore le disse: "Ricchezza, mi puoi portare con te?“ "Non posso c'é molto oro e argento sulla mia barca e non ho posto per te."
L'Amore allora decise di chiedere all'Orgoglio che stava passando su un magnifico vascello, "Orgoglio ti prego, mi puoi portare con te?", "Non ti posso aiutare, Amore..." rispose l'Orgoglio, "qui é tutto perfetto, potresti rovinare la mia barca".
Allora l'Amore chiese alla Tristezza che gli passava accanto "Tristezza ti prego, lasciami venire con te".
Anche il Buon Umore passò di fianco all'Amore, ma era così contento che non sentì che lo stava chiamando. All'improvviso una voce disse: "Vieni Amore, ti prendo con me“ Era un vecchio che aveva parlato.
L'Amore si sentì così riconoscente e pieno di gioia che dimenticò di chiedere il nome al vecchio. Quando arrivarono sulla terra ferma, il vecchio se ne andò. L'Amore si rese conto di quanto gli dovesse e chiese al Sapere: "Sapere, puoi dirmi chi mi ha aiutato?“ "E’ stato il Tempo" rispose il Sapere "Il Tempo?" si interrogò l'Amore, "Perché mai il Tempo mi ha aiutato?". Il Sapere pieno di saggezza rispose: "Perché solo il Tempo è capace di comprendere quanto l'Amore sia importante nella vita".