lunedì 26 febbraio 2007

Il più bello dei mari


Il più bello dei mari

è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli

non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni

non li abbiamo ancora vissuti.

E quello

che vorrei dirti di più bello

non te l'ho ancora detto.

giovedì 22 febbraio 2007

Il Caos nella testa


Dando uno sguardo adesso tra i vari blog di amici e non, ho notato che tanti scrivono di quello che hanno fatto nella propria giornata, dando libero sfogo ai loro pensieri e trasformando in questo modo la propria giornata come una pagina di un libro che dopo essere stata letta, si gira e si va avanti. Mi sono quindi chiesto: perchè io non riesco?
Perchè non riesco a scrivere delle mie giornate come quasi tutti fanno? Potrei tranquillamente scrivere cosa ho fatto oggi, a che ora mi sono alzato, cosa ho studiato, cosa ho mangiato, ecc... e invece mi ritrovo sempre a scrivere e poi postare lampi di vita "romanzesca" e "romanzata".
Mi sono anche dato una risposta. Forse mi capita ciò perchè ho semplicemente il Caos nella testa, perchè ho una miriade di pensieri che mi tempestano la mente non permettendomi di vivere tranquillamente quello che mi accade durante le 17-18 ore di vita giornaliera. Quello che poi succede nelle 6-7 ore di vita inconscia e notturna, è qualcosa che neanche io capisco spesso e che scrivo qui per capirle meglio io stesso.
Ma io non dispero.
Il filosofo Nietzsche d'altronde diceva: Bisogna avere il Caos nella testa per creare una Stella Danzante.
Attendo la mia stella!

martedì 20 febbraio 2007

Ragazzo Malato


Pubblico una storia che, se anche fosse inventata, come sicuramente lo è, mi ha fatto riflettere molto e spero faccia riflettere anche te che la stai leggendo.
Continuo in questo modo la mia corsa verso il motto: Carpe Diem!


"C'era una volta un ragazzo nato con una grave malattia... Una malattia di cui non si conosceva la cura... Aveva 17 anni, ma poteva morire in qualsiasi momento.. Visse sempre in casa sua, con l'assistenza di sua madre... Stanco di stare in casa, decise di uscire almeno una volta... Chiese il permesso a sua madre... Lei accettò... Camminando nel suo quartiere vide diversi negozi... Passando per un negozio di musica, guardando dalla vetrina, notò la presenza di una tenera ragazza della sua età... Fu amore a prima vista... Aprì la porta ed entrò guardando nient'altro che la ragazza... Avvicinandosi poco a poco, arrivò al bancone dove c'era la ragazza... Lei lo guardò e gli disse sorridente: "Posso aiutarti?"
Nel frattempo egli pensava che era il sorriso più bello che avesse mai visto nella sua vita... Nello stesso istante sentì il desiderio di baciarla...Balbettando le disse: "Si, eeehhhmmm...mi piacerebbe comprare un CD"... Senza pensarci, prese il primo che vide e le diede i soldi. "Vuoi che te lo impacchetti?"- Chiese la ragazza sorridendo di nuovo... Egli rispose di si annuendo; lei andò nel magazzino, tornò con il pacchetto e glielo consegnò... Lui lo prese ed uscì dal negozio...
Tornò a casa e da quel giorno in poi andò al negozio ogni giorno per comprare un cd... Faceva fare il pacchetto sempre alla ragazza e poi tornava a casa per riporlo nell'armadio... Egli era molto timido per invitarla ad uscire e nonostante provasse non ci riusciva... Sua madre si interessò alla situazione e lo spronò a tentare, così egli il giorno seguente si armò di coraggio e si diresse al negozio.. .
Come tutti i giorni comprò un altro cd e come sempre lei gli fece una confezione... Lui prese il cd e, in un momento in cui la ragazza era distratta, posò rapidamente un foglietto con il suo numero di telefono sul bancone; dopodichè uscì di corsa dal negozio...
Driiiiin!!!
Sua madre rispose al telefono: "Pronto?", era la ragazza che chiedeva di suo figlio; la madre afflitta cominciò a piangere mentre diceva: "Non lo sai?...è morto ieri"...
Ci fu un silenzio prolungato interrotto dai lamenti della madre. Più tardi la madre entrò nella stanza del figlio per ricordarlo... Decise di iniziare dal guardare tra la sua roba...
Aprì l'armadio... Con sorpresa si trovò di fronte ad una montagna di cd impacchettati.. . Non ce ne era nemmeno uno aperto.. . Le procurò una curiosità vederne tanti che non resistette: ne prese uno e si sedette sul letto per guardarlo; facendo ciò, un biglietto uscì dal pacchettino di plastica.. .
La madre lo raccolse per leggerlo, diceva: "Ciao!!!Sei bellissimo! Ti andrebbe di uscire con me?? ...Sofia."
La madre emozionata ne aprì altri e trovò altri bigliettini: tutti dicevano la stessa cosa.

Morale: Questa è la vita, non aspettare troppo per dire a qualcuno di speciale quello che senti... Dillo oggi stesso... Domani potrebbe essere troppo tardi..."

giovedì 15 febbraio 2007

La Dedica


All’alba del nuovo giorno,
dopo una notte buia e solitaria,
mi trovai per fortuna te intorno,
che mi desti di nuovo l’aria.
Lunghi capelli ricci marroni
nascondono a volte gli occhi brillanti,
per sorriso una luce che ne vale milioni
di stelle fisse e luccicanti.
Un animo poi tanto puro
e una voce più che angelica,
che anche il cuore più duro
non può che bramare una dedica.
Ma la dedica più bella e vera,
quella che io mai scorderò,
fu di passare con me una giornata intera
e chissà quando ti rivedrò.

lunedì 12 febbraio 2007

L'attimo di verità


Proprio quando pensi di aver capito tutto, è proprio quello il momento in cui invece scopri di non aver capito nulla in realtà.
Scopri che le parole che avevi sentito pronunciare, in realtà erano solo parole rumorose ma senza alcun suono.
Scopri che gli occhi che avevi guardato, in realtà erano solo occhi luminosi di una luce che non illumina però la tua anima.
Scopri che il cuore che avevi sentito battere forte accanto al tuo, in realtà era solo un cuore che batteva per continuare a vivere e che desiderava dedicare i suoi battiti tuonanti al cuore di un altro.
Capisci che in fondo tutto quello che hai vissuto negli ultimi giorni, sotto le solite stelle che dall’alto del cielo oscuro hanno continuato comunque ad illuminare d’ombra le case e i lampioni che nelle tue lunghe passeggiate hai incontrato, sono solo cose ed emozioni esistite nella tua mente.
Arrivi sempre all’attimo di verità che gelido come una goccia di neve, affilato come un pugnale, impetuoso come un mare d’inverno. Ti entra nella mente e distrugge tutti i bei castelli di sabbia che fanciullescamente avevi costruito sulla spiaggia del tuo porto, dove ti bastava quasi allungare una mano, per sentire l’onda distendersi e risposarsi.
Ti butta giù prima le mura esterne. Poi attacca le tue torri. Le fa crollare e e le vedi sbriciolarsi come un ramo possente attaccato dal fuoco. Infine arriva alla Palazzo di Corte. Lo indebolisce prima, lo abbatte dopo, con tanti assestati colpi, così tanti che a te sembra solo uno.
Prima ti senti bello e forte. Unico nel tuo genere e nella tua specialità.
Poi, piano piano, inizi ad avvertire la tua finitezza, avverti i primi sintomi di banalità che ti portano a scorgere la tua figura in mezzo a quella di tanti altri come te. Solo che tu ti illudi di essere comunque su un gradino un paio di centimetri più alto.
Alla fine vedi la tua vera realtà: una nullità che ti porti dietro sin dalla nascita, sin dal primo vagito che hai fatto nelle braccia di un dottore che vedeva in te una bellezza che era uno scherzo della sua vista. Quella bellezza che nessuno ha mai visto veramente. Forse perché non c’è nessuna bellezza da vedere.
Puoi creare tante altre difese, puoi distenderti per ostacolare l’onda, puoi scappare portando con te l’intero castello; ma l’onda è più potente di te e di certo molto più veloce.
Non c’è nulla da fare, non c’è nulla da pensare, non c’è nulla da capire.
Forse una cosa da capire c’è.
Devi capire che fin qui è stato solo un sogno, ma la sveglia suona sempre.
Puoi dormire quanto vuoi, puoi dormire come vuoi, puoi dormire con chi vuoi, ma la verità viene sempre a bussare alla tua porta, viene sempre a tirare i sassolini alla tua finestra, viene sempre a battere sulla tua spalla.
La campana per te prima o poi suonerà.
E quando suona, devi alzarti, aprire gli occhi e solo sperare di tornare presto a sognare.

mercoledì 7 febbraio 2007

30 giorni di te... e di me


30 giorni sono passati dal nostro primo incontro e volevo solo ricordarlo a me e forse dirlo a te. Lo so che dico sempre di essere smemorato e credo che in fondo lo sono. Perché dimentico sempre di fare le cose che possano portarmi a vivere quel piccolo attimo di felicità che mi è stato riservato e che ancora non ho vissuto.
Perché tanto lo so. Anche per me è stato previsto un attimo di felicità.
Il sole era alto nel cielo quando ci siamo visti la prima volta, quando il tuo sguardo ha incrociato il mio sguardo e quando il mio sguardo è rimasto sconvolto dal tuo sguardo. Si pensava che quel giorno e quella settimana doveva essere fredda e piovosa e infine era iniziata con un sole caldo e luminoso, con la vista di due occhi lucenti come stelle, di un viso misterioso come una luna sul mare, di milioni di capelli sottili come ragnatela e ricci come lunghe catene di anelli. Era iniziata con la dolcezza dello zucchero, con la gioia di una canzone, con il divertimento di una risata. Camminammo tanto. Avanti e indietro per tante strade.
Prima andammo verso sud. A mangiare le melanzane amare e la pasta con il pomodoro. Poi ci dirigemmo verso nord con la scorta d’acqua. Dicono che un’esperienza bellissima, da fare almeno una volta nella vita, sia quella di giungere sino a Capo Nord, dove c’è la notte più lunga. 6 mesi di stelle e di luna. Ti immagini?
Io in quelle prime 5 ore che trascorsi con te vidi 1 stella che da quel giorno ha oscurato qualsiasi altra stella. E poi il gelato che non c’era. Mi dispiacque non trovarlo perché avrei legato quel gusto ad un giorno per me speciale. E pensare che i gelsi a me non piacciono.
Come ogni cosa nella vita, soprattutto le più belle, eravamo giunti alla fine e con gli occhi felicemente tristi ho visto partire un cappotto color ciclamino, un maglione a collo alto rosa e una borsetta marrone.
Potrei a questo punto ricordare tutti i giorni in cui ci siamo visti dopo, potrei anche ricordare i vestiti che avevi.
Potrei ricordare il maglione arancione del secondo incontro e il bomber verde, quando seduto su una panchina di un giardino, a occhi chiusi, mi misi a volare tra principesse e dragoni, dondolato da una voce che poco prima avevo già sentito cantare.
Oppure il maglione nero del pranzo del sabato quando le 17:40 diventarono 15:40 e mille dubbi e paranoie hanno assalito la mia mente, trasformando l’oro in ferro, la gioia in paura. Che poi in fondo la gioia è anche paura. Sappiamo che non può durare in eterno e nel momento stesso in cui viviamo una gioia, viviamo anche con un senso di paura che l’attimo che segue possa essere quello che ti ruba la gioia, che te la cancelli.
E che dire del fasciacollo verde della serata della pizza più buona che io abbia mangiato e della più costosa. E non mi riferisco agli euro che ho pagato, ma all’indipendenza a cui ho rinunciato quella sera. Con quel fasciacollo ho legato definitivamente i miei occhi alla tua bellezza e al tuo vivo sorriso.
Ti vedevo poi seduta in mezzo a due rose e pensavo che la rosa centrale fosse la più bella che avevo mai visto e odorato. E mi tremavano le gambe, le mani e le parole perché avevo paura di un tocco sbagliato, di una frase errata per rovinare quel bel giardino. Avevo paura di far volare anche un solo petalo di quella rosa, di far sfiorire il suo rispetto verso quel giardiniere così poco speciale, così poco bello, così poco bravo.
Non ci sono poi parole per il maglione blu della sera in cui sono andato alla “Ricerca della felicità”. Sono andato a cercarla fino a casa. “Se vuoi qualcosa, allora vai e inseguila” mi ha detto la Felicità. Io neanche tanta strada dovevo fare. La cosa che volevo si trovava seduta accanto a me, sentivo ogni tanto il tuo braccio sfiorare il mio.
Sentivo il tuo respiro accarezzare il mio spasimo. Non ho sentito il tuo sguardo posarsi su di me ma volevo illudermi che almeno la tua mente mi pensasse.
E infine l’epilogo della storia. La scena che nel più classico film d’amore preannuncia il lieto fine, preannuncia la felicità raggiunta. Due persone che tra il buio della sera, tra altre persone intente a vivere anche loro quel attimo di felicità che ognuno ha riservato nella vita, camminano in direzioni opposte e destinate ad incontrarsi.
Una lunga corsa prima per vederti, per incontrarti subito e stare più tempo con te. Una lunga passeggiata dopo per respirare della tua aria, per guardare della tua vista, per nutrirmi della tua dolcezza. E ogni passo che facevamo, era un passo in meno che condividevo con te. Perché la stazione si avvicinava e da lì saresti andata via, forse finalmente convinta della mia finitezza di fronte al tuo infinito.
Pregai, e forse non dovrei dirlo, che quell’autobus ritardasse ancora. Che ci fosse all’improvviso uno sciopero di almeno un paio d’ore. Mi sarebbe bastato anche un solo minuto in più.
Sapevo che quella sera ti avrei persa.
Sapevo che in fondo non ti ho mai avuta., che in realtà non sei mai stata mia.
Che lo eri stata solo nella mia fantasia quando dopo il primo incontro già mi ero ritrovato seduto a pensare a te e a scrivere su un foglio delle rime ridicole in confronto a quello che davvero tu racchiudi.
Non dovrei neanche dire questo ma mi è bastato un solo piccolo giorno, appena 5 ore e 25 minuti per capire che sei la felicità che cercavo, quella felicità che mi attende. E poi ho avuto tante altre ore, tantissimi altri minuti, milioni di altri attimi per cogliere quell’unico attimo di cui davvero mi importava. Avvicinarmi lentamente a te, sotto la luce della luna, vivere in un solo secondo 25 anni di vita forse triste, forse non vissuta, sentire tuonante il tremore delle gambe e lasciarmi andare in un bacio che ho sentito così forte che quasi quasi mi sono convinto che ci sia stato.
Un’illusione insomma. L’illusione di poterti piacere, l’illusione di riuscire a cogliere l’attimo di felicità, l’illusione di poterti trattenere a me.
Ma, purtroppo, non si può trattenere qualcosa che è destinata ad altri.
Ti ripeto che sono smemorato ma in fondo non ho mai mentito.
Mi ricordo, è vero, i tuoi vestiti, qualche nostro discorso. Ricordo i tuoi occhi brillanti, il tuo viso sorridente, la tua voce melodica.
Non ricordo mai invece di cercare di essere felice.
Ed è per questo che in fondo nasce questa lettera.
Perché mai forse avrò il coraggio di cercare davvero di essere felice.
Mi accontento di quello che sarebbe potuto essere se fossi stato diverso.
Diverso a tal punto di dirti, guardandoti in faccia, che sei speciale, come è speciale la prima melodia per chi non ha mai ascoltato nulla.

domenica 4 febbraio 2007

Chi sa cosa fare?


Chi sa cosa fare quando le parole diventano silenziose, quando perdono il loro suono, che invece di uscire e volare alle orecchie di lei, rimane dentro la testa e crea un vortice di emozioni, sogni infranti e illusioni appena nate?
Chi sa cosa fare quando lo sguardo vaga per la città, cercando tra la gente, tra le mani unite, tra gli abbracci stretti, tra i baci innocenti, due occhi profondi come un oceano, due occhi luminosi come due stelle, due occhi misteriosi come due lune?
Chi sa cosa fare quando tutto ciò che sei è quello che in realtà non sei?
E si può sentire la mancanza di qualcosa che non si ha mai avuto?
Io credo che non si possa sentire la mancanza di qualcosa che non si ha mai avuto semplicemente perché non hai mai vissuto l’emozione di averla. Non sai cosa significa avere una determinata cosa. E se non sai cosa si prova, come fai a sentirne la mancanza?
Come se una stella sentisse la mancanza del sole o se un giglio sentisse la mancanza delle spine.
Questa e altre domande mi provocano le sue parole incerte, i suoi occhi distanti, la sua voce delicata.
Nulla può ripagarci per qualcosa che non abbiamo avuto mai perché in fondo nessuno vuoto si è creato, nessun furto è stato fatto. E nulla ci può ripagare per il sentimento che non abbiamo provato, per la felicità che non abbiamo avuto.
Nessuno può ripagarmi per l’amore che non mi hai dato.
Questa instabilità mi provochi tu!