martedì 23 dicembre 2008

Ultimo post dell'anno


Questo è l'ultimo post di questo 2008.
L'anno si era aperto con un urlo barbarico, un barbarico YAWP che doveva essere portatore di furore, forza, coraggio e rabbia. Nel suo consumarsi ha visto alternarsi tanti periodi così come si alternano le lune nel cielo. Momenti positivi e momenti negativi. Come una scala grandiosa, come una giornata di pioggia, dove a volte piove e a volte smette, così che può perfino spuntare, quando si è fortunati, un timido abbozzo di arcobaleno.
Il 2008 è quasi finito; ormai finito per quanto riguarda il blog.
E' tempo allora di bilanci e il bilancio è nettamente, prepotentemente, finalmente, in positivo. Gli ultimi 2 mesi quasi dell'anno, e chi mi conosce lo sa, sono stati meravigliosi, pienissimi di sorrisi, risate, occhi luccicanti. Esiste un nome, una persona, una dea causa della mia felicità. Anche questo, chi mi conosce sa. Chi non mi conosce, si accontenti di sapere che non sempre gli anni, così come iniziano, poi si concludono.
Io vi lascio qui. Mi preparo per un viaggio, un altro viaggio ma non l'ultimo.
Al prossimo anno!

venerdì 19 dicembre 2008

Arrivooo


Guarderò di nuovo i tuoi occhi e guarderò dentro i tuoi occhi per ritrovarmi ancora lì dentro, nel profondo, al fianco della tua anima. Ti accarezzerò la pelle liscia e delicata, annuserò il profumo fresco di fiori di cui sei imbevuta e adorerò ogni tuo piccolo gesto o comportamento.
Il countdown è partito e ogni secondo che passa è un secondo in meno tra noi due. Il momento del nostro incontro si avvicina e sento dentro di me l'emozione che aumenta, che mi esplode dentro in mille modi diversi.

Tremo al pensiero di poterti abbracciare; sogno al pensiero di poter sentire addosso a me il peso delle tue mani.
Sfoglio da un mese il calendario e sta per arrivare il giorno da me atteso.
E' un'emozione che non riesco a soffocare e così te la dico, la urlo nelle strade e dentro ogni casa che, tramite un computer, ospiterà il mio grido: Arrivoooooo!!!!

domenica 7 dicembre 2008

Due parole


Due parole brevi, semplici, con poche sillabe che racchiudono in loro il sogno di un futuro felice, l'aspettativa di una felicità presente e tutto il senso che solo la tua presenza nella mia vita riesce appunto a dare alla mia esistenza.
Sono due parole che per poco interrompono il silenzio ma che sono al tempo stesso in grado di travolgere tutto quello che incontrano davanti, come due ruscelli in piena che d'improvviso, di quell'improvviso un pò previsto o almeno sperato, s'incontrano, si riversano l'un nell'altro e insieme scendono a valle, rompendo argini e dighe, straripando e inondano con le loro acque lo spazio che circonda loro.
Sono due parole che tanti dicono, forse tutti, però questo non fa sì che sia per tutti uguale pronunciarle. Ogni pronuncia cambia il senso e cambia il peso; cambia l'emozione e cambiano le lacrime che l'accompagnano; lacrime a volte reali e fresche, che zampillano dagli occhi e lentamente scivolano dalle guance, sino a raccogliersi nel palmo di una mano, oppure lacrime più nascoste e intangibili, che fuoriescono dal cuore e che rinfrescano l'anima e il sentimento.
Due parole che sono sempre esistite e che esisteranno sempre. Sono comparse con la comparsa dell'uomo e risiedono nei sogni di ogni persona. Ognuno di noi sogna di dirle almeno una volta nella vita. C'è chi per questo, per abbattere l'attesa, si lascia andare e le pronuncia presto, il prima possibile, senza forse capire davvero tutta la meravigliosa bellezza che esse contengono. C'è chi invece attende, assaporando ogni istante d'attesa, finchè non trova la ragione degna.
Io ho atteso una vita per dirle. So che in fin dei conti sono giovane però è come se vivessi una seconda vita. Una prima vita senza di te e una seconda vita ora che ho te.
E la seconda è di gran lunga più bella della prima.

martedì 2 dicembre 2008

Libera di volare


La mia mente è libera di volare, di giungere a te e darti un bacio leggero sulla guancia socchiudendo gli occhi, lasciandosi andare nel dorato mondo dei sogni.
La mia mente supera lo Stretto, sorvola le montagne e corre lungo le autostrade. In pochi attimi copre i mille chilometri che ci dividono e giunge davanti il cancello di casa.
Una veloce sistemata ai capelli. Una stirata alle sopracciglia.
Ecco, il colletto della camicia è sistemato. L'alito è fresco.
Suono.
Ti affacci dalla finestra della tua camera nel piano rialzato di un moderno appartamento al centro della Riviera. Mi sorridi sorpresa. Non te l'aspettavi.
Ti sorrido e mi fai cenno di entrare.
Tac... e si apre il cancello. Percorro i venti piccoli passi che mi separano dalla porta del condominio. Altro tac... e si apre un'altra porta.
Rivolgo lo sguardo a sinistra e intuisco una porta un pò aperta. Altri 2 passi e gli scalini poi.
Alzo lo sguardo e ti vedo luminosa come sempre, come una Luna piena sul mare d'estate sgombro dalle nuvole. Hai lacrime negli occhi. Spero che siano lacrime di gioia e d'amore.
Mi affretto a percorrere gli ultimi 4 passi che mi tengono diviso da te e per mia sorpresa diventano solo 2 perchè intanto anche tu hai percorso la distanza che prima regnava tra di noi. Ora siamo sguardo contro sguardo. Occhi contro occhi.
Ci guardiamo e non parliamo.
Le mie mani ti accarezzano sul viso e sulle guance infine si fermano.
Le tue mani le sento scivolare sulle spalle e fermarsi sui miei fianchi.
Chiudiamo entrambi gli occhi per rapire quel attimo; per fissarlo nella nostra mente e custodirlo così anche negli anni a venire. Lentamente le nostre labbra si avvicinano. Sempre di più.
Si sfiorano una prima volta. E poi una seconda. Per più tempo.
Una terza e non si staccano più. Le nostre anime si fondono e i nostri sogni si abbracciano. Diventiamo una sol cosa.
Diventiamo un corpo con due cuori.
Diventiamo un amore con due amanti.

venerdì 28 novembre 2008

La tua figura


Senti anche tu il pianoforte che suona?
Esso suona soltanto per noi; una musica lenta e dolce come lo sguardo che ci scambiamo quando insieme ci guardiamo negli occhi prima di chiudere gli occhi e sussurrare nel silenzio tutto quello che custodiamo nel cuore, in un angolo del nostro cuore, a riparo dai dolori e dalle lacrime.
Un tasto dopo l'altro si compone una melodia che riporta alla mente l'armonia dei nostri sospiri, soffiati nel buio di una stanza, chiusa e fresca come un baule pieno di speranza e di sogni.
Tremando ti sposto i capelli dal viso, liberando la luce dei tuoi occhi, e la stanza si illumina di una calda luce rossa e gialla che proietta sulle mura e tutto intorno strani simboli che mai avevo visto prima.
Sono simboli d'amore e di felicità che brillano nell'ombra che inghiotte tutto quello che ci sta accanto. Ti guardo rapito!
Mi sei sempre sembrata così irraggiungibile e invece ora ti ho proprio davanti, a tal punto da sentire il tuo respiro mischiarsi al mio e il tuo profumo nutrire i miei polmoni.
Sei per me una sorgente e io Narciso in te mi specchio e in te mi perdo.


mercoledì 26 novembre 2008

Mi sono riempito gli occhi di te


Non sono passate neanche 72 ore da quando ti ho vista l'ultima volta, da quando ho sentito piano piano staccarsi la tua mano dalla mia e già mi manchi.
Mi manchi come quella cosa che non si ha mai avuto, come quella felicità di cui non se ne ha mai abbastanza.
Come faccio a sopravvivere? Semplice.
Mi son riempito i miei occhi di te, della tua bellezza e della tua infinita luminosità.
Ho riempito gli occhi dei tuoi capelli setosi e profumati, delle tue lentiggini così delicate da sembrare delle piccole costellazioni sul cielo del tuo viso.
Mi sono riempito gli occhi della costellazione che sosta sul tuo corpo, come un magico gioco, un meraviglioso segnale di amore e di gioia.
Ho riempito gli occhi del tuo sorriso contagioso e pieno di allegria, della tua intelligenza e della tua fine arguzia.
Mi sono riempito gli occhi della tua dolcezza e del tocco tanto gentile delle tue carezze sulla mia pelle rigenerata dalle tue piccoli mani.
Ho riempito gli occhi delle tue labbra così morbide da baciare e delle tue guance.
Mi son riempito gli occhi di te. Ti ho rapita e da allora ti custodisco dentro il mio sguardo, tra le pareti del mio ricordo, poggiata sopra tanti guanciali di seta rossa e di pizzo bianco.
Lì mi prendo cura di te e da te traggo la forza e la gioia di svegliarmi la mattina dal sonno e di mostrarmi per quello che sono alla vita, senza maschere nè bugie.
Sembrava impossibile fino a poco tempo fa ma oggi è invece una realtà.
Poi mi incoraggia la certezza che presto ci rivedremo, in qualche posto del mondo; dovunque tu sarai, io ci sarò. Non mi allontanerò mai, come un tuono dal lampo, come un'ombra dalla luce.
Da quando sei accanto a me, mi capita di camminare in aria, sulle nuvole, e non avere vertigini. Sorrido per la strada e vedo tutto colorato di mille colori. Sogno ad occhi aperti e ciò che sogno ha i capelli rossi, le lentiggini e un'aurea tutto intorno di purezza e di unicità.
You make me wonder...

mercoledì 12 novembre 2008

Il mistero delle rette parallele


Le rette parallele sono un mistero di amicizia, di amore e di armonia.
Riescono a stare vicine senza mai toccarsi, fino al'infinito.
Non si allontanano mai e neanche si avvicinano perchè se si avvicinassero vorrebbe dire che in un punto almeno inizierebbero ad allontanarsi.
E invece loro stanno sempre lì, immobili nello spazio. Stanno a guardarsi negli occhi; si cercano e si curano, senza mai abbandonarsi.
Rimangono lì, l'uno accanto al'altra dalla nascita e per sempre perchè le rette parallele non muoiono. Sono immortali. E a pensarci bene non nascono neanche. Ci sono sempre state e sempre ci saranno.
Non v'è forma di amore più profondo di quello di due rette parallele.



giovedì 6 novembre 2008

Le cose che si perdono


Al mondo esistono milioni di cose, piccole e grandi cose, che ci attraversano la vita o che semplicemente lambiscono le rive del fiume che è la nostra esistenza.
Tra questi milioni di cose tante cose le conserviamo e ce le portiamo sempre dietro, per lungo tempo. Alcune anche ci accompagnano fino alla morte.
Altre cose invece ci servono solo per un breve lasso di tempo, le consumiamo e poi le gettiamo in qualche angolo al buio, dove nessuno passa per pulire e dove non arriva nessun raggio di sole.
Altre ancora invece, sebbene possono servirci, noi le perdiamo, abbandonando così la possibilità di usare e di averle con noi quando sarà venuto il momento di usarle.
Le cose perse non si possono in nessun modo salvare, non si possono recuperare. Esse svaniscono nel nulla e diventano irraggiungibili; prendono il volo sugli aliti del vento e si sollevano così in alto che scompaiono anche dalla nostra vista. Volano in mezzo alle nuvole e tra le stelle e da lontano brillano pure loro. Il loro però è un bagliore oscuro che si confonde con il colore della notte.
Delle cose che si perdono ne sentiamo sempre la mancanza sulla nostra pelle e nella nostra anima, sentiamo il buco che si crea e il vuoto che inghiotte lentamente ciò che rimane; allargandosi e svuotandoci sempre di più.
A volte però capita di trovare qualcosa che somiglia a ciò che si è persa. Non che sia meno bella o più bella; non che sia meno vera o più vera. Non che sia meno nostra o più nostra.
E' qualcosa che ci viene forse regalato da Dio e che va subito, spontaneamente, a riempire il vuoto creato da ciò che si è perso prima.
A volte ciò basta; a volte non basta.
Ciò non conta. Conta che il senso di vuoto che si prova a poco a poco scompare o diminuisce.
Conta che si possa tornare a sorridere, anche solo illudendosi di sorridere.

lunedì 3 novembre 2008

L'ecclesiaste


Per tutto v'è il suo tempo, v'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo per svellere ciò ch'è piantato; un tempo per uccidere e un tempo per guarire; un tempo per demolire e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere; un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare; un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle; un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracciamenti; un tempo per cercare e un tempo per perdere; un tempo per conservare e un tempo per buttar via; un tempo per strappare e un tempo per cucire; un tempo per tacere e un tempo per parlare; un tempo per amare e un tempo per odiare; un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora? Io ho visto le occupazioni che Dio dà agli uomini perché vi si affatichino. Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo; egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero della eternità, quantunque l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta. Io ho riconosciuto che non v'è nulla di meglio per loro del rallegrarsi e del procurarsi del benessere durante la loro vita, ma che se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro, è un dono di Dio. Io ho riconosciuto che tutto quello che Dio fa è per sempre; niente v'è da aggiungervi, niente da togliervi; e che Dio fa così perché gli uomini lo temano. Ciò che è, è già stato prima, e ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch'è passato. Ho anche visto sotto il sole che nel luogo stabilito per giudicare v'è della empietà, e che nel luogo stabilito per la giustizia v'è della empietà, e ho detto in cuor mio: `Iddio giudicherà il giusto e l'empio poiché v'è un tempo per il giudicio di qualsivoglia azione e, nel luogo fissato, sarà giudicata ogni opera. Io ho detto in cuor mio: `Così è, a motivo dei figliuoli degli uomini perché Dio li metta alla prova, ed essi stessi riconoscano che non sono che bestie'. Poiché la sorte de' figliuoli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte; come muore l'uno, così muore l'altra; hanno tutti un medesimo soffio, e l'uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia; poiché tutto è vanità. Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengon dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere. Chi sa se il soffio dell'uomo sale in alto, e se il soffio della bestia scende in basso nella terra? Io ho dunque visto che non v'è nulla di meglio per l'uomo del rallegrarsi, nel compiere il suo lavoro; tale è la sua parte; poiché chi lo farà tornare per godere di ciò che verrà dopo di lui?

domenica 26 ottobre 2008

Un'ora in più

La notte appena passata ha visto il cambiamento dell'orario. Ho riportato indietro le lancette di un'ora; ho fatto fare alla lancetta lunga, un giro completo all'indietro, come il gambero, come il passato che torna.
Si.
E' tornato che il passato e mi ha regalato il modo di essere rivissuto con te.
E' stato bello rivivere certe emozioni, certe attimi di felicità che ho provato con te, solo stando con te, semplicemente stando con te.
Oggi, ho avuto un'ora in più per pensarti pensando a tutto quello che tu hai significato, significhi e prego significherai per me. Un'ora in più per sognarti, sognando di essere accanto a te, passeggiare nel parco, nell'ombra di un viale e sentire sui nostri visi il fresco profumo dell'erba bagnata dalla rugiada. Un'ora in più per vederti immersa nella luce, chiudendo gli occhi e lasciando libera la mia mente di tornare a ciò che più la rende allegra, leggera, unica e meravigliosa.
Ho avuto un'ora in più per te e per me, per noi.
E' stato un regalo che mi ha concesso questa domenica che ci ha visti ancora divisi e lontani migliaia di chilometri, azzerati dal mio cuore che mai mi ha mentito.
Il mio cuore oggi mi ha detto che grande è il vuoto che sente quando non ci sei ma è ancor più grande il sentimento che sente quando la mia mente ti pensa, nell'attesa che accanto lui possa sentire il battito del cuore. Allora, mi ha sussurrato il mio cuore, infinita sarà la gioia che esploderà dentro di me e sarà come essere investito da un turbine di emozioni, di felicità, di allegria e di tutto ciò che di bello esiste nella vita.
Io sono rimasto ad ascoltarlo e ho deciso di credergli.
E non fa niente se è un'ora in più che mi separa da te. E' pur sempre un'ora in più che vivo sognandoti.


venerdì 24 ottobre 2008

Sono tornato a cercarti


E' passato del tempo dall'ultima volta che ti ho cercata fra le note di una canzone, nascosta magari tra un giro di chitarra e una scala al pianoforte, sparsa nell'armonia di una serie di note fragili e dolci come fragili e dolci sono i tuoi occhi nei miei ricordi; ricordi di un ragazzo che una sera d'estate all'improvviso ha sentito battere forte il cuore e desiderare che quel battito mai si arrestasse.
Stasera però l'attesa è finita e sono tornato qui a ricercarti tra le stesse note, nelle pieghe della stessa voce di Jimmy Paige. Puoi immaginare e facilmente indovinare in quale canzone io ti stia cercando.
Ebbene si, questa canzone, in ogni suo secondo dei quasi 500 secondi di cui è formata, mi fa pensare a te; mi fa pensare ai tuoi capelli un pò ribelli e un pò servili che nell'aria spesso si dondolano, mi fa pensare ai tuoi occhi furbi e maliziosi che sono specchio di un'anima gentile e solare, mi fa pensare ed è superfluo dire che penso a te.
Ogni mio pensiero lo dedico a te.
Inizio la mattina al suono della sveglia e termino la sera, poco prima di chiudere gli occhi e lasciarmi andare tra le braccia di Morfeo.
Spesso poi continuo anche ad occhi chiusi, dipingendoti fresca e meravigliosa accanto a me, in un sogno di vita che spero si realizzi.
Esisti in ogni mio pensiero. La cosa bella è che a poco a poco sei diventata così reale, nonostante nella realtà tu non ci sia, che sento perfino la tua mancanza.
Avverto la differenza dovuta alla tua assenza. Il mondo è diverso da come potrebbe essere con te, la mia vita è diversa da come potrebbe essere se tu ci fossi.
Io sarei diverso da come sono se ci fossi tu a tenermi la mano.
Per questo sono tornato a cercarti e ogni volta ti trovo, perchè so dove cercarti.
Certamente sei tra le cose più belle che possono esistere, come il sorriso di un bambino, la curva di un arcobaleno, il profumo di una rosa rossa, il volo di una farfalla e la canzone che sempre mi riporta a te.
Ti cerco, ti trovo, nel sogno ti bacio e infine vado via, torno a camminare senza meta portandoti nel cuore.

domenica 12 ottobre 2008

Una canzone per te.

Oggi lascio che ti parli questa canzone: una musica e delle parole.




Could it be the little things you do to me
Like walking up beside you it's so new to me
Life can be so full of danger in the dark
there lurks a stranger
I just can't
Imagine what he wants of me
When I'm with you it's paradise
No place on earth could be so nice
Throught the crystal waterfall
I hear you call
Just take my hand it's paradise
You kiss me once
I'll kiss you twice
And as I gaze in to your eyes
I realize it's paradise
It's right out of something from a fairy tate
A te'ribly exciting and a scary tale
It's nothing I could evermake up
Am I dreaming will I wake up
Just to find out this is true reality

venerdì 10 ottobre 2008

La definizione dell'amore


Questa sera ho preso in mano il mio dizionario, pesante come cemento, della lingua italiana, e ho cercato la definizione della parola amore: intenso sentimento d'affetto, inclinazione profonda verso qalcuna o qqualcosa anche sessulale.
Questa è una piccola parte logicamente. La definizione sullo Zanichelli è lunghissima e non sto qui a trascriverla tutta.
Ma io l'ho letta interamente lo stesso e ho scoperto che questa definizione è sbagliata.
E sai perchè è sbagliata?
Perchè questa definizione non contempla minimanente l'emozione che ho provato la prima volta che ho visto i tuoi occhi brillare davanti i miei occhi, come due stelle che spiccano nel cielo scuro della notte, su un mare meraviglioso, rischiarato dalla luce della Luna che si espande in lungo e in largo su quella infinita distesa d'acqua fresca e di vita pulsante.
E' stata un'emozione che ogni giorno si ripete, ad ogni tua visione.
Ti guardo e mi emoziono. Ti penso e mi emoziono. Sento il cuore battere forte, più veloce del tempo. Le mani iniziano a sudare e la mia mente a vagare ancora più in là, oltre ogni ostacolo che la realtà può erigere. E arriva a te.
Ti viene accanto, cerca la tua mano, la trova e la stringe forte, in una lega naturale e inscindibile.
Stretti così, due anime in un corpo solo, due cuori in un circuito solo di sangue, iniziamo a camminare e a parlarci. Ci guardiamo negli occhi e negli occhi troviamo la nostra felicità.
La definizione che ho trovato ignora tutto questo.
Ignora anche tutto il resto che tu sei per me e non è poco di sicuro, perchè riempi ogni mio vuoto e ogni mia lacuna. Metti l'aria lì dove manca e porti l'acqua lì dove è arido.
Per me sei l'eternità che fin dalla nascita cerco. Sei la perfezione che la mia imperfezione ricerca.
Sei l'infinito a cui tendo nella mia finitezza di ragazzo che alla Luna sul mare confessa i propri sospiri d'amore.
Tutto questo manca nella definizione di amore che ho trovato nello Zanichelli e per questo penso che quella definizione sia a dir poco incompleta.
Vuoi sapere perchè?
Perchè chi ha scritto quella definizione non ti ha mai guardato con gli stessi occhi con cui ti guardo io.

mercoledì 8 ottobre 2008

Imparare a...


Nella vita di ognuno di noi esistono desideri che non trovano realizzazione nelle 24 ore di cui si compone una giornata ordinaria della nostra ordinaria esistenza.
Esistono desideri che nascono tali, sopravvivono tali e rimangono tali fino alla nostra dipartita.
Sono desideri persi e sprecati.
Per questo io non voglio perderli.
Ci sono cose nella mia vita che voglio imparare.
Voglio imparare a ballare il tango, quella calda e passionale musica che esce dal cuore, scorre impetuosa nelle vene e si riversa negli occhi. Nel tango due corpi si fondono e diventano un solo corpo armonioso che si muove con passi decisi e lenti come deciso e lento è il passare del tempo; salvo poi accelerare e avvicinarsi con fare più rapido alla fine della danza.
Voglio imparare a suonar la chitarra per accarezzare con le dita delle mani quelle corde delicate, per creare dal nulla una melodia nuova e dolce, mai sentita prima.
Voglio imparare a parlare lo spagnolo perchè è la lingua dell'amore e della passione.
Voglio imparare a dirti tutto quello che il mio cuore sente quando ti vede bella davanti a me, quando ti pensa nella tua assoluta e intangibile purezza, quando ti sogna nella tua allegria traboccante, quando solo immagina di tenerti per mano e passeggiare in un viale o in riva al mare.

sabato 27 settembre 2008

In riva al mare


Torno a contare le sirene questa notte che passeggio sulla riva del mare che ci ha visti una sera guardare insieme la Luna e a lei sussurrare nel silenzio i nostri desideri più nascosti e intimi.
Sono tante le sirene che puntellano le acque che si infrangono sugli scogli. Ognuna di loro ha una caratteristica che riporta la mia mente ma tutte insieme non fanno nemmeno metà della tua bellezza; perchè tu sei così bella e rara, come la luce che si espande all'alba e copre ogni ombra reduce della notte.
Alzo lo sguardo e vedo le stelle. Milioni di piccole fiammelle appese al cielo che bruciano e illuminano, che ricevono i sogni e le speranze di poveri inguaribili romantici.
Conto anche quelle e ne conto una per ogni filo di capello di passione che ho tenuto fra le mie dita, che ho odorato e che adesso non dimentico.
Poi ne conto un'altra per ogni emozione che ha suscitato in me l'averti vista così vicina a me, da poterti sfiorare o toccare semplicemente allungando la mia mano verso di te.
Infine ne conto un'altra per ogni battito di cuore che mi hai regalato quando mi guardavi, quando mi parlavi oppure mi prendevi in giro, con quella tua aria divertita, sorridente e spensierata.
Una vecchia canzone dice: "Le stelle stanno in cielo e i sogni non lo so; so solo che son pochi quelli che si avverano".
Chissà se il mio sarà tra questi...

martedì 23 settembre 2008

Quando ti penso


Sai che quando ti penso mi vien sempre voglia di cantare?
Sai che mi vien voglia di cantare la stessa canzone che ho ascoltato subito dopo che ti ho conosciuta?
Adesso starai pensando a quale canzone io mi riferisca. Si lo so che avevo lo stereo spento. Si lo so che nessuno cantava. Ma non sai che quandot ti ho vista ho sentito subito una bella musica, una melodia meravigliosa, note che assieme creavano un'armonia mai sentita prima. E da alloa sento sempre quella musica e io ci canto dietro. E se anche sono stonato, non fa niente, perchè è una musica così bella che anche una stonatura diventa presto un'intonazione.
Sai che quando ti penso mi vien sempre voglia di ridere?
Un sorriso felice e splendente si dipinge sul mio volto ogni volta che il pensiero vola verso di te. Ogni cosa diventa positiva, ogni cosa diventa pulita e candida, bella come non è stata mai la mia vita prima di averti incontrato davanti i miei passi e davanti i miei occhi, che ora sembrano così luminosi da esser scambiati come due stelle nelle notti da coloro che mi stanno vicino.
Sai che quando ti sogno la notte diventa improvvisamente giorno?
Sai che la Luna all'improvvisa inizia ad illuminare anch'essa il mio mondo, le stelle iniziano a dondolare nel cielo e i fiori profumano i deserti?
Sei il più dolce pensiero che la mia mente nella giornata pensa e il sogno più bello che nella notte sogno.
E' tuo il primo viso che la mattina vedo aprendo gli occhi e tue sono le guance che alla notte sogno di baciare un'istante prima di abbandonarmi al sonno.
Lo so che siamo lontani ma il cuore, il mio cuore inganna lo spazio e il tempo e ci fa essere vicini ogni volta che voglio. Mi basta pensarti e la magia accade.

sabato 20 settembre 2008

Sotto la pioggia


Stasera ti ho raggiunto, ti ho sfiorato i sogni e mi sono dissolto nel vento.
Fuori pioveva e nella pioggia ho sentito il bisogno, la voglia, la mancanza di vederti; così ho chiuso la finestra della mia camera, ho preso le chiavi dell'auto e l'immancabile telefonino e incontro a te sono venuto. La pioggia cadeva leggera e fredda sulle mie braccia nude, sul collo, i capelli e sul parabrezza dell'auto. Ogni goccia di pioggia sembrava un bacio che tu mi davi sul mio petto. Ogni goccia di pioggia sembrava un'emozione che il tuo sguardo mi ha provocato. C'era Battisti che cantava a squarciagola nella mia auto, lui con il suo nastro rosa. Fu in quel momento che ho iniziato a pensare a te.
Ti vedevo finalmente trasparente davanti i fari delle auto che per la strada incrociavo; bellissima nel tuo vestito marrone e sopra quelle scarpe dorate dai tacchi alti.
Mi sorridevi splendida e brillante come una stella che non si spegne mai e mai si spegnerà, fuoco eterno di un eterno incendio di sentimento e di passione.
Poi son sceso e mi son sistemato su una panchina riparata da un piccolo albero e lì mi son messo a guardare la pioggia cadere dal cielo fino in terra, sempre uguale, sempre con la stessa velocità e la stessa forza. Ho odorato la pioggia e ho sentito quel suo profumo tipico di freschezza e di rinnovamento, quel profumo di nuova vita, migliore della precedente. Lo stesso profumo che ho avvertito quando per la prima volta ti vidi e già mi avevi regalato la spensieratezza e l'allegria.
Su quella panchina ho respirato la pioggia a pieni polmoni.
La Luna mi guardava, a tratti nascosta dalle nuvole che nel cielo si rincorrevano. Lei mi guardava e mi fissava dal centro del cielo buio; sembrava compiacersi nel vedermi solo sulla panchina a guardare la pioggia e fantasticare nel mentre. Perchè la Luna conosce i sogni di ognuno ancor prima che essi si realizzano o sfumano per sempre.
La pioggia scivolava giù dalla mia fronte, batteva sulle mie braccia e ancora mi dipingeva la tua bella figura davanti i miei occhi. Eri così trasparente e vera da farmi sentire un pazzo.
Sembrava quasi che ti potessi toccare, afferrarti per una mano e sotto la pioggia farti danzare in un ballo romantico e leggero. Mi sembrava quasi di poter sfiorare la tua anima.
C'era la pioggia che batteva sulle foglie dell'albero e ogni ticchettìo sembrava un suono di campane a festa per noi due.
Ti pensavo. E ti avrei pensato per tutta la vita. Non c'era nulla di più bello che potevo fare.
Però anche la pioggia, prima o poi, deve finire; e così quando essa finì, pensavo di non doverti più pensare ma mi sbagliavo.
Ti ho pensato anche dopo e ti sto pensando pure adesso.
Buonanotte piccolo dolce pensiero...

martedì 16 settembre 2008

Tu, rosa rossa


La vena è tornata a pulsare. Sento nella mente un vortice di parole e di pensieri che devono soltanto essere messi in fila, secondo un ordine del tutto inventato.
Basta solo trovare la canzone adatta.
Eccola...
La nuvola di fumo si dirada da davanti i miei occhi e penso a te.
Hai il candore di una rosa rossa che cresce in un giardino profumato e dai mille colori, di mille altri fiori, profumati e dolci ma meno profumati e dolci di te.
Nel giardino curato da un giardiniere anziano risplendi con tutta la tua assoluta bellezza e meraviglia. Hai i petali perfetti, rossi come il sangue pulito che esce dai polmoni e torna al cuore e arriva in ogni piccola parte del mio corpo.
In te non trovo nessun difetto se non la troppa bellezza.
Sei così bella da rendere brutta l'alba che nasce sul mare, sul mare che ho sognato ci potebbre un giorno accogliere come giaciglio dei nostri sogni.
Sei così tanto bella da rendere brutta la luna piena che ieri sera illuminava il mare di notte mentre sembrava ribollire a largo dentro la sua luce.
Hai il profumo di una rosa rossa, delicato come un sorriso di un bambino, il bambino che ho sognato ci potebbre un giorno far compagnia durante ogni giorno e ogni notte del nostro futuro.
Odori di vita e di felicità, di allegria e d'intelligenza, messi al servizio di un sorriso da regalare a chi ha la fortuna di starti accanto.
Odori come odora un angelo che dopo aver volato nel cielo, è sceso sul cielo e si è messo a camminare dietro i miei passi, guardandomi le spalle e proteggendomi dagli affanni e dai dolori.
Hai l'amore di una rosa rossa, attraente come niente altro, come un caldo Sole estivo che irradia di luce e di calore tutto quello che gli si posa innanzi; unica come la goccia di un fiume che dalla sorgente scende verso valle attraverso i sassi e la sabbia, schivando le bocche degli animali assetati e giunge fino al mare disperdendosi tra miliardi di altre gocce diverse.
Ecco, tu vivi in mezzo a miliardi di altri essere umani come te ma sei diversa. Semplicemente diversa, perchè sei amore, sei profumo, sei candore, sei futuro, sei presente, sei perfetta.
Anzi, no. Non sei perfetta. Hai un difetto: sei troppo bella, atal punto che la stessa bellezza è meno bella di te.

sabato 13 settembre 2008

La stessa musica


Sento sempre la stessa musica quando ti vedo e quando poi non ti vedo più, la musica rimane nell'aria e risuona leggera e dolce. Il vento trasporta ogni singola nota fino alle mie orecchie. Lei mi accarezza e sento sulla pelle mille brividi di emozioni come mille aghi conficcati dentro che non fanno male. E' una musica che non è mai stata scritta ma che tutti conoscono. E' la musica dell'amore che sento nell'aria e che mi chiama.
Ti ho vista oggi e di sicuro la tua immagine rimarrà dentro la mia mente e mai verrà cancellata.
Non ho mai visto un'aurora più bella di te.
Non trovo le parole adatte.
Non trovo i gesti e non trovo i sospiri giusti per esprimere tutto il tumulto che ha provato il mio cuore oggi alla tua visione. Se io non avessi parlato e se tu non avessi parlato, avresti potuto sentire il frastuono del mio battito.
Eri chiusa dentro i miei occhi ma allo stesso tempo apparivi così infinita e bella, luminosa come luce che dalla Luna di notte scende sul mare e si espande in lungo e in largo all'orizzonte, formando come una specie di stella sull'acqua.
Perchè ti ho vista?
Prima potevo pensare di dover vedere ancora la bellezza. Ora son sicuro che mai potrò una bellezza più bella di te.
Il mare sarà da adesso meno mare, il Sole meno Sole, la pioggia meno pioggia e la rosa sarà meno rosa.
Non ti avrei voluto vedere ma per niente al mondo adesso vorrei dimenticarti perchè son sicuro che cosa migliore non mi potesse capitare.
Ho visto in un corpo solo, in un'anima sola, la bellezza, l'amore, l'allegria, la sensibilità, l'onestà, il futuro, l'attesa, l'emozione, la timidezza, la gioia e l'eternità.

giovedì 11 settembre 2008

Siamo tutti delle matite


Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: "Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me? ".
La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: "È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei la usassi tu, quando sarai cresciuto".
Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale. "Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita! ".
"Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo. "Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. "Dio": ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà."
"Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. È un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore."
"Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia."
"Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te."
"Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione".

Tratto da "Come il fiume che scorre" di Paolo Coelho

lunedì 8 settembre 2008

Una foto e una musica


Come possono una foto e una musica far volare la mente lontano lontano, dove neanche lo sguardo arriva?
Superata l'orizzonte, mi perdo nell'azzurro del cielo che si confonde con l'azzurro del mare e plano sopra l'acqua ma non affondo. Mi rinfresco il viso con le gocce del mare che scivolano sulla mia faccia e cadono giù lungo le braccia. Guardo il Sole e sorrido mentre i delfini mi corrono dietro e saltano fuori dall'acqua. Mi sento vivo e non ho paura proprio di niente. Non so nuotare ma non ho paura di affondare. Il mare non può farmi del mare perchè io amo il mare e quel che si ama non può far soffrire perchè l'amore è gioia mista a fantasia, euforia mista a pazzia.
E' la pazzia di strapparsi il cuore e non sanguinare, donarlo ad un'altra persona e non chiederlo mai più indietro. Lasciare che batta per lei e non fermarlo. Neanche provarci perchè senza cuore si può vivere ma senza amore si può solo morire...

martedì 26 agosto 2008

Le stelle di mezzogiorno


L'anima è un immenso calderone in cui bolle ogni sentimento e ogni pensiero che soltanto oso di pensare. Tutto arriva ad un'alta temperatura e prende fuoco, si incendia e lentamente si consuma, lasciando alla fine soltanto un cumulo di cenere e una piccola nuvola grigia di fumo, che abbraccia il paesaggio circostante e lo nasconde dai miei occhi che scrutano tutto per scovare niente.
Ti vorrei raccontare la storia più bella che è stata mai raccontata, ti vorrei far vivere l'emozione più bella che è stata mai vissuta, ma non sono capace.
Non è mia abilità renderti felice e l'hai capito. Per questo con una mano hai chiuso le palpebre dei miei occhi, con le labbra hai sfiorato la mia guancia e con un flebile filo di voce mi hai sussurrato: "addio...". A quella parola mi sono aggrappato e ho seguito la tua scia luminosa allontanarsi dal mio sguardo e perdersi all'orizzonte, nell'infinito, dietro la mente e la ragione.
E dietro la mente e la ragione ho trovato la fantasia e con lei ti ho rivista bella e splendente come forse mai ti ho vista prima. Mi sorridevi felice. Nei tuoi occhi riuscivo a vedere l'amore che il tuo cuore provava per me, fratello gemello del mio d'amore.
Lentamente muovevo i miei passi verso di te e tu, per mio stupore, rimanevi lì ferma, sorridente sempre e luminosa quasi accecante.
Più mi avvicinavo e più bella diventavi.
Eri diventata l'essenza divina e pura della bellezza.
Eri tutto ciò che nella parola bellezza può essere racchiuso. Eri amore, gioia, felicità, passione, luce.
Eri rosa, giglio, orchidea, acqua, sole, vento.
Eri arcobaleno.
Eri una fantasia, una visione ideale, non vera ma non per questo meno profumata.
Eri una pazzia, un pò come vedere le stelle mentre è ancora mezzogiorno.

sabato 16 agosto 2008

Seduto sulla riva del mare


Ho guardato l'alba, seduto sulla riva del mare, in mezzo a tanta gente che nel pensiero non c'era. Ho visto il sole sempre più giallo fare la sua comparsa dietro la collina e alzarsi lentamente, millimetro dopo millimetro, restituendo il colore a tutto quello che mi circondava. Il mare tornava a essere azzurro e calmo dopo una notte buia e agitata. Lo stesso azzurro dipingeva il cielo e gli occhi suoi che alla mente mi tornavano.
Ho guardato l'alba, seduto sulla riva del mare, mentre tutti gli altri stavano sognando e sognando anch'io ho pensato a te. Nel tondo del sole ho visto il tuo viso che non conosco, splendente e caldo. Mi hai sorriso maliziosa e quando ho provato a sorriderti anch'io, ti sei voltata dall'altra parte con un filo d'imbarazzo sulle guance. Ho poi allungato una mano per scostare i capelli dai tuoi occhi che ancora ignoro. Ti ho sfiorato le ciglia e ho pensato di aver toccato ciò che di più puro può esistere al mondo, più puro di un angelo bianco. Ti ho scostato i capelli e tu sei scomparsa. Ti sei dissolta nel vento e ti sei allontanata, dondolando nell'aria in vortici di felicità danzante.
Ho guardato l'alba, seduto sulla riva del mare, e il primo pensiero che ho pensato sei stato tu.
Non so cosa questo voglia dire. O forse lo so e non lo voglio dire perchè magari nel silenzio tutto resta vivo e fantastico, avvolto in un velo di sogno e di felicità. Con le parole tutto invece diventa banale e comune.
Così ti proteggo nel mio silenzio, bella e pura come un'alba sulla riva del mare.

martedì 5 agosto 2008

Senz'aria


La fiamma non accenna a spegnersi; anzi brucia sempre con più forza. Non diminuisce la luce che essa produce e il calore che sprigiona. La cera si consuma ma non scompare. La candela non si abbassa.
Oggi le mani son sempre le stesse. Le tue mani liscie come il mare calmo, fresche e profumate come due rose appena raccolte e bagnate dalla rugiada della mattina.
Due occhi che si aprono come due boccioli di orchidee che si schiudono e mostrano al sole i propri petali e il proprio nettare. Sono due occhi che guardano anche quando non guardano, che all'interno nascondono grandi sogni colorati con colori pastello, rosa e giallo. In quel sogno ti incontro e ti sfioro i capelli, ti sussurro frasi sincere piene di sentimento.
Nel sogno ti custodisco per non perderti nella realtà. Ti lego al mio pensiero e non ti faccio andare via. Mai tanto lontana dallo sguardo in modo di poterti vedere ogni volta che voglio e immaginarti accanto a me senza molta fatica. Mai tanto distante da non poter vedere la tua bellezza risplendere in mezzo alla grigia normalità che ti circonda.
La fiamma arde sempre, consumando l'ossigeno che mi tiene in vita. Presto mi mancherà l'aria e sverrò. Soffocherò dell'idea di te che ho. Soffocherò dell'amore che conservo per te. Soffocherò della tua bellezza. Lentamente smetterò di respirare e chiuderò gli occhi per attenderti senza fretta nel Paradiso. Così di nuovo ci incontreremo e potrò di nuovo di nuovo sfiorarti i capelli e sussurrarti parole piene di sentimento, senza correre il rischio di soffocare d'amore per te.

domenica 27 luglio 2008

Saperti felice


Ciao.
Come stai? Te lo chiedo perchè ormai da tanto tempo non riusciamo più a parlare. Muoviamo la bocca senza riuscire a sprigionare nessun rumore e quando ci riusciamo, vien fuori un rumore che non ha l'importanza degna di noi. All'improvviso qualcosa è successo e forse noi non ce ne siamo neanche resi molto conto. Fattostà che questo modo mi rimane per parlarti.
Non voglio sembrarti quello che non sono. Non voglio impicciarmi dei fatti tuoi ma vorrei sapere soltanto se quel sorriso che incrocio quando ti incrocio è un sorriso felice e contento. Mi piace saperti felice. Ecco tutto.
Ci sono notti in cui guardo le stelle brillare nel cielo e ad occhi chiusi uniscono quei punti brillanti, facendo venire fuori il tuo viso, tale e quale alla prima volta che l'ho visto mentre ridevi ad una mia battuta. Avevi una strana luce negli occhi. Luccicavi nell'ombra della sera e spiccava tra le persone che popolavano la piazza attorno a te.
Sono queste le notti in cui la luna che un pò si nasconde nel buio illumina la tua figura mentre parla e ride in mezzo ad un circolo di persone che ti guardano entusiaste per la tua luminosità. Poco importa se io non sono lì in mezzo ma rimango un pò distante, in un angolino. In queste notti sembri felice e a me basta.
Sono quelle le notti in cui l'ultimo pensiero pensato vede te come protagonista e destinataria, e la mattina successiva si apre con i raggi del sole che entrano dalle fessure della serranda della finestra e che si espandono in tutta la stanza. Assieme a quei raggi entra anche la tua figura e il pensiero di te che mi accompagna.
Ogni cosa cambia e si evolve, muta la sua crescita ma non muta di certo la sua natura. La natura rimane immutata nel tempo e la nostra natura è certamente questa. Viviamo separati. Per questo oggi mi trovo qui a scriverti queste parole che appartengono a te.
Sono io a dirle, è vero, ma tu sei la loro proprietaria vera perchè da quando ti conosco, non posseggo più nulla. Nè il cuore, nè le parole, nè l'amore. Tutto ciò che era mio, adesso appartiene a te. Quasi tutto.
A me rimane la decisione di stasera di lasciarti volare via, libera di andare dovunque tu voglia, di sorvolare qualunque mare tu voglia. Vederti voltandomi mi ha fatto male. Forse non eri neanche tu. Forse è stato semplicemente uno scherzo della mia mente. Forse eri da qualche altra parte e insieme a qualche altro però ho ugualmente deciso di scioglierti le catene.
Ho lanciato una cannuccia a terra e con lei ho lanciato l'idea di noi che avevo. Spezzata. Frantumata. Distrutta. Persa per sempre.
Ti auguro da adesso di essere felice perchè mi piace saperti felice.
Ciao.

lunedì 21 luglio 2008

Ho sempre pensato che...

(Domenico Cocchiara, Riflessi, acrilico su carta di riso, cm. 48 x 67, 2006)
Ho sempre pensato che Tu da qualche parte in realtà ci sia, sotto qualche cielo pieno di nuvole e di stelle, dentro qualche casa dorata, dalle mura bianche e la porta di cristallo.
Ho sempre pensato che Tu non sia un sogno, o almeno che Tu non sia solo sogno, che vivi anche Tu di carne e di ossa e respiri la stessa aria che respiro io.
Ho sempre pensato che Tu un giorno ti saresti fatta trovare dai miei occhi e ai miei occhi avresti sorriso guardandoli, poi avresti spostato i capelli con una mano e li avresti portati sull'altro lato del viso scoprendo così un orecchino a forma di stella penzolante dal tuo orecchio.
Ho sempre pensato che Tu prima o poi mi avresti detto le parole che voglio sentirmi dire da una vita intera e forse pure di più, ancora prima della mia nascita.
Ho sempre pensato che per pensarti avrei avuto solo due modi per farlo: pensare che mai ti avrei conosciuto e pensare che di sicuro ti avrei conosciuto.
Potevo scegliere se essere un deluso triste o un illuso felice e ho scelto di essere la seconda persona. Quindi ho iniziato a pensarti e a pensare che di sicuro ti avrei conosciuto.
Infine, ho sempre pensato di non pensarti mai inesistente perchè quello che non esiste non profuma, non respira, non ride, non dorme, non piange, non mangia, non cammina, non salta, non corre, non beve, non guarda, non parla, non canta, non balla.
Ciò che non esiste in aggiunta non fa tante cose e Tu invece ne fai tantissime.

mercoledì 16 luglio 2008

La carota, l'uovo e il caffè.


Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita e di come le cose le risultavano tanto difficili. Non sapeva come fare per proseguire e credeva di darsi per vinta.
Era stanca di lottare. Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro.
Suo padre, uno chef di cucina, la portò alsuo posto di lavoro. Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco. Quando l'acqua delle tre pentole stava bollendo, in una collocò alcune carote, in un'altra collocò delle uova e nell'ultima collocò dei grani di caffè. Lasciò bollire l'acqua senza dire parola.
La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre...Dopo venti minuti il padre spense il fuoco.
Tirò fuori le carote e le collocò in un piatto. Tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto. Finalmente, colò il caffè e lo mise in una scodella.
Guardando sua figlia le disse:"Cara figlia mia, carote, uova o caffè?"
La fece avvicinare e le chiese di toccare le carote, ella lo fece e notò che erano soffici; dopo le chiese di prendere un uovo e di romperlo, mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò l'uovo sodo. Dopo le chiese di provare a bere il caffè, ella sorrise mentre godeva del suo ricco aroma.
Umilmente la figlia domandò:"Cosa significa questo, padre?"
Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, "l'acqua bollente", ma avevano reagito in maniera differente.
La carota arrivò all'acqua forte, dura, superba; ma dopo essere stata nell'acqua, bollendo era diventata debole, facile da disfare.
L'uovo era arrivato all'acqua fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma dopo essere stato in acqua, bollendo, il suo interno si era indurito.
Invece, i grani di caffè, erano unici: dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l'acqua.
"Quale sei tu figlia?" le disse.
"Quando l'avversità suona alla tua porta; come rispondi? Sei una carota che sembra forte ma quando i problemi ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza? Sei un uovo che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, un ostacolo durante il tragitto, diventa duro e rigido? Esternamente ti vedi uguale, ma dentro sei amareggiata ed aspra, con uno spirito ed un cuore indurito? O sei come un grano di caffè? Il caffè cambia l'acqua, l'elemento che gli causa dolore. Quando l'acqua arriva al punto di ebollizione il caffè raggiunge il suo migliore sapore.
(Se sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, e fai si che le cose che ti succedono migliorino, che esista sempre una luce che, davanti all'avversità, illumini la tua strada e quella della gente che ti circonda").

domenica 13 luglio 2008

Il verde è matematica


Ci sono giornate nella vita che ti accadono nell'assoluta credenza che non ci sia una vera ragione alla loro base. Sono le giornate in cui tutto va per come non deve andare o semplicemente per come tu non vuoi che vada. Per questo un sì invece diventa no, il sole si confonde con la luna e il caldo alla tua pelle vien sentito come un freddo invernale.
Però poi ti capita sempre di fermarti. Di fermarti ad un semaforo che tarda a diventare verde, in coda ad una fila d'auto in un paese di poche anime pie e di qualche anima dannata. Di fermarti in piedi, appoggiato al muro come nei migliori telefilm americani degli anni Settanta, ad ascoltare un gruppo cantare nel cortile di un locale, la sera.
Sei messo lì quando inizi a pensare al senso di tutto e di tutti. Ripensi allo sguardo di lei che non riesci a cancellare dalla tua mente nonostante tu abbia visto migliaia di altri sguardi femminili.
Ripensi agli occhi di lei, a quel suo modo di toccarsi i capelli e stirarsi la frangetta sempre un pò troppo lunga rispetto alla sua misura perfetta, però al tempo stesso così perfetta nella sua imperfezione.
Ripensi alle mani di lei che ti pizzicavano le braccia quando le parlavi, che battevano sul tavolo quando la prendevi in giro e che stringevano forte le tue quando ti avvicinavi per salutarla.
Ripensi a lei che non merita il tuo pensiero e per il fatto stesso che non lo meriti, senti dentro di te il pentimento di una fiducia mal riposta e l'allegria di un sogno che giorno dopo giorno rifiorisce per poi appassire e di nuovo rifiorire.
Ripensi infine alle migliaia di canzoni che per te hanno un significato e un insegnamento dai quali non puoi trascendere.
Ripensi a Jimmy Paige che in "Stairway to heaven" dice che le parole hanno spesso 2 significati. Ripensi a Jim Morrison che in "People are strange" dice che le persone sono strane quando tu sei uno straniero.
Pensi allora che nulla forse accade per caso e te ne convinci.
Pensi che tutto ha una sua logica alla base e il fatto che qualcosa accade è segno che quel qualcosa deve accadere.
Pensi infine che il verde è matematica perchè dal giallo e dall'azzurro esce fuori sempre il verde e non il rosso o il marrone. Ma il verde.
Si, in fondo il verde è matematica così come è matematica che io adesso stia qui a pensarti mentre tu chissà cosa starai facendo, assieme a chi lo starai facendo e a cosa starai pensando.


domenica 29 giugno 2008

Una lettera per te


Tutto quello che scrivo, lo scrivo per te, tu che guardi adesso questa lettera dubbiosa e scettica.
Pensi a chi io mi possa riferire, sottovalutando il fatto che potresti essere proprio tu la fonte d'acqua dalla quale attingo oggi queste parole. Che male ci sarebbe?
La mia unica colpa è quella di non avere colpe.
Per questo, oggi mi sono seduto sulla solita sedia ormai rotta e ho guardato fuori dalla finestra che interrompe il bianco della parete. Ho visto fuori un caldo sole possente splendere e risplendere tra l'azzurro del cielo e il bianco fumoso delle nuvole. Ho visto il verde del mio giardino, fatto di erbe e di piante fresche nonostante il caldo che infuoca fuori. Ho visto poi il bianco dei fiori e anche il rosso delle rose che sul cancello si arrampicano e si lasciano spogliare dal vento.
Mi sono fermato lì a guardare la natura e ho pensato alle bellezze che ho avuto la fortuna e l'onore di riuscire ad ammirare, a volte da lontano con gli occhi, altre volte da vicino con le mani.
Ho pensato ai mille tramonti che ho visto annegare nel mare, ai milioni di lumini stellari che ho visto brillare nei cieli notturni d'estate, alle lune piene e anche a quelle vuote che mi hanno seguito nelle notti dei miei erranti viaggi.
Ho pensato ai fiori profumati che ogni anno si sono succeduti nel mio giardino, al Colosseo e alla Statua della Libertà che ho potuto toccare nei miei passati giri del mondo.
Ho pensato alle migliaia di coppie d'occhi fin qui incrociati e agli infiniti sorrisi luminosi conosciuti. Ma il più bello tra quelli belli rimane il tuo. Così perfetto e malizioso, segreto per tanti e al tempo stesso saputo, come il capolavoro che ognuno tiene nella testa, fatto di purezza, rarità e armonia.
Che dire poi dei tuoi occhi? Per loro potrei spendere catene di parole senza fine, parlando della loro profondità, della loro cattiveria, della loro forza attrattiva, del loro colore cristallino e pulito, del loro taglio perfettamente geometrico, senza nessuna sbavatura e senza nessun contorno strano e banale.
I tuoi occhi sono quello di più bello che ho mai visto, ciò che in natura esiste di più speciale e ideale. Le tue mani sono quello di più bello che ho mai visto e anche le tue guance. Pure i tuoi capelli e il mento. E poi le spalle, le gambe, i piedi e il corpo tutto. Fino ad arrivare a quella fossetta che si forma sulla tua fronte quando illumini il mondo sorridendo e regali a me attimi di emozioni forti.
Sei cioè la creatura più bella che ho mai visto.
Tu scettica dici che non ho poi visto così tante creature in vita mia. Si, forse è vero. E' di certo però che tu sei la creatura più bella tra quelle che io possa anche solo immaginare o sognare nei più dorati dei sogni. Sei perfetta nelle forme, nel cuore, nell'anima e nella mente.
Sei così perfetta che perfino la mia imperfezione accanto a te può essere scambiata per perfezione.
Mi guardi ancora scettica e ti domandi se è proprio a te che mi rivolgo.
Come esserne sicuri?
Ascolta il battito del tuo cuore e dimmi se lo senti anche di poco più accelerato al sol pensiero che potresti essere tu la destinataria di questa lettera.
E' accelerato?

venerdì 27 giugno 2008

Ferma! Guarda!


Ferma! Guarda!
Guardami gli occhi, rispecchiati sulle mie pupille e attraverso loro scrutami dentro l'anima. Vedrai quel che provo quando sto accanto a te. E' la stessa emozione che provo anche quando tu mi sei lontana chilometri indefiniti, mai così tanti però da impedire al mio pensiero di volare nell'aria, andare controvento se è necessario, e correre da te, per riscoprirti immersa nella vita normale di tutti i giorni, mentre dispensi sorrisi e battiti di ciglia a destra e a manca, generando contentezza e vitalità sui visi dell'altra gente. Nella mia anima vedrai l'amore che mi scorre dentro come un fiume pieno di rapide e correnti, cascate alte decine di metri e nascoste tra i vapori dell'acqua che precipita. Nella mia anima vedrai i graffi che le tue parole mi hanno lasciato, ancora vivi e sanguinanti. Se guarderai bene, mi vedrai ancora tremante per la paura che provo quando ti vedo. Benedetta paura che mi sprona a dire e fare quello che mai avrei pensato di riuscire a dire e fare. Mi dà il coraggio di guardarti e dirti: Ferma! Guarda!
Ferma! Guarda!Guarda le poesie che a te ho dedicato, le parole che ho cantato quando nella mente avevo fissa l'idea della tua bellezza non terrena e della tua fragilità tutta femminile e dolce.
Potessi tu guardarti con i miei occhi! Vedresti tutto ciò che è necessario ad un uomo per sentir di aver davvero vissuto, per sentirsi anche pronto per la morte, alla partenza per lasciarsi dietro tutto. Vedresti l'espressione più compiuta di bellezza naturale; vedresti una luce più calda e bianca di quella solare; vedresti un sogno che si realizza.
Ferma!So che queste sono parole che non hai mai sentito pronunciare, però se stai bene attenta, se rimani in silenzio e se ci provi, le sentirai anche tu. Le mie parole ti parleranno di sentimenti che forse non conosci, ti parleranno di sogni che ho sognato nella paura di vedere realizzati per non perderli; le mie parole ti parleranno di me, di te e forse di noi.
Tu ascoltale e non dire nulla. Ogni ulteriore parola sarebbe superflua. A noi basta il silenzio, dentro il quale ci illudiamo di poter vivere la favola che ci veniva letta quando eravamo bambini, la favola che immaginavamo tanti anni fa e che coloravamo col pensiero.
Il tempo sta per scadere e noi ci dissolveremo nell'aria. Se sarà l'unico modo per mischiare la mia anima alla tua, allora non vedo l'ora.

giovedì 26 giugno 2008

Odori e profumi


Questa sera sono uscito quando ormai la luna era in cima al cielo e le stelle le brillavano splendenti accanto; ero da solo per non pensare ad altra cosa che a te.
Mi sono fermato col pensiero proprio sotto le stelle e sono scomparso. Ho allontanato la mia anima, l'ho divisa dal mio corpo e sono volato sotto la tua finestra. Ho guardato le tende tirate e il buio tutto intorno e anche dentro. Ti ho immaginato nell'etereo mondo di Morfeo, stesa su un letto di petali di rose, in mezzo alle coperte di seta fresche e pulite come te. Ho pregato affinchè tu stessi vivendo un bellissimo sogno felice.
Chissà, forse davvero sognavi di vivere una favola, di essere la principessa di un regno sconosciuto ma non per questo meno felice di ciò che è conosciuto. Anzi, forse nel mistero e nella non conoscenza risiede la vera felicità delle cose.
Ho immaginato i tuoi capelli sparsi sul cuscino e sul tuo viso, davanti gli occhi e appoggiati sulle labbra. Ho immaginato il tuo respiro lento e dolce, cadenzato come una musica celeste, di arpe e di violini d'argento.
Stavo fermo ma diviso e pensavo alle tue parole.
Chissà se esse hanno lo stesso significato che hanno le mie. O se invece le tue sono parole più belle e pure perchè dette da te, che rendi bello e puro qualsiasi cosa tocchi o semplicemente sfiori.
Ricordo bene le tue parole. Il dolce suono che esse creavano quella sera quando per la prima volta ho avuto la fortuna, forse sfortunata, di ascoltarle e deliziarmene.
Me le ripeto spesso nella mente anche ora. Lo faccio quando ho bisogno che un raggio di luce illumini lo spazio davanti a me. Così ripeto le tue parole e se anche rinuncio alla musica, almeno ne ottengo la luce.
Questa sera sono uscito da solo per stare da solo con te e ci sono riuscito.
Stavo sotto le stelle quando all'improvviso si è alzato un piccolo soffio di vento che ha trasportato con sè una scia di profumo di orchidee e rose. In mezzo a quegli odori posso giurare di aver sentito anche il tuo.
Lo so cosa pensi. Non ricordi quando io odorai mai il tuo profumo. Non te lo ricordi perchè in effetti non è mai successo.
Ma negli odori di stasera c'era molta purezza e tu sei pura.

lunedì 16 giugno 2008

Chissà se...


Chissà se stanotte la Luna ha davanti i tuoi occhi la stessa bellezza che ha davanti i miei. Chissà se nella tua stanza da letto le stelle brillano come nella mia stanza. Chissà se la luce che dal cielo questa notte proviene illumina la tua figura pensierosa e sognante, poggiata sul davanzale della finestra, nell'attesa che una stella si decida a cadere per poter affidarle un desiderio da realizzare. Chissà se in uno di quei desideri che tieni appesi nel tuo cuore vivo anch'io. Chissà se anche un solo dei tuoi sospiri è dedicato a me. Chissà se le tue labbra sussurreranno mai alle mie orecchie le parole dolci d'amore che adesso stai pensando, mentre guardi la notte calare sul paese e dalle finestre delle altre casi noti spegnersi le prime luci delle camere.
La gente sta andando a dormire. Qualcuno è già tra le braccia di Morfeo. Qualche altro a breve ci sarà. Io invece mi ritrovo qui, col pensiero attratto da te, fuggito per te e da te ormai posato. Guardo la Luna dalla finestra, guardo le stelle brillare e mi sporgo ancora un pò dal balcone. Mi appoggio alla ringhiera e alla notte che mi circonda affido il mio desiderio: che queste parole ti possano arrivare, ovunque tu ti trovi adesso; chiunque tu sia, se la dolce ragazza che già conosco oppure la dolce ragazza che devo ancora conoscere.
A te, dedico questa canzone.



domenica 15 giugno 2008

Together we stand, divided we fall



Sai, ho messo sù una canzone che adori, che non ti stanchi mai di ascoltare perchè dici che tra quelle parole straniere, che spesso non capisci e fai finta di cantare, sei sicuro che si nasconde un messaggio per te, un messaggio che ad ogni ascolto cambia.
Per l'occasione ho anche tirato fuori quel vecchio giradischi che ci ha visti crescere e diventare quello che oggi siamo o proviamo a essere. L'ho pulito dalla polvere che col tempo si era posata su di lui e ora anche lui è pronto.
Senti? E' appena partita la canzone di cui ti parlavo.
Che mi dici? Ho fatto una buona scelta?
Vieni qui. Siedti. Prendi una sedia e parla un pò con me.
Da quanto non facciamo due chiacchiere io e te?
Non ricordo più nemmeno l'ultima volta che ci siamo guardati dritti negli occhi e abbiamo aperto il nostro cuore, raccontandoci tutto quello che ci succedeva, senza alcuna bugia o reticenza, senza nascondere nessun sentimento e nessuna delusione che provavamo.
Che tempi!
E' vero che tutto attorno a noi cambia alla velocità della luce. Ciò che sorgeva col sole, al suo tramonto magari non c'era già più o era mutato. Noi invece eravamo sempre gli stessi. Avevamo la stessa forma di sempre, lo stesso peso e ci legava sempre lo stesso amore.
Quante cose ci siamo detti incuranti del pericolo che uno dei due potesse rompere quel patto e rivelare il segreto fuori dal nostro mondo. Non stavamo mai in silenzio.
Mi son sbagliato. Ho detto una falsità e tu lo sai bene.
Silenzio tra di noi ce n'è stato, e parecchio pure. Solo che il silenzio tra di noi non è mai stato senza parole. Parlava pure lui e ci riferiva cose che solo in silenzio potevano essere comunicate e forse capite. Ogni parola pronunciata non sarebbe mai di sicuro riuscita a definire e a rappresentare tutto quello che il nostro cuore provava e sentiva. Ogni parola avrebbe messo catene e confini a ciò che in realtà è infinito. Infinito come il mare che so che ti piace tanto, come il cielo stellato che fino a ieri hai guardato con gli occhi tipici di un sognatore, sconfitto, deluso ma mai abbattuto. Infinito come l'amore che hai provato.
Ti verso un bicchiere di bourbon? Ho comprato quello che ti piace. Quello delle grandi occasioni. Vuoi anche del ghiaccio?
Questa è una grande occasione. E' un rito che si ripete nella sua tradizione e nel suo significato più profondo, che lega due anime in un cuore solo e le fa volare in alto, sopra gli occhi della gente. Così in alto da uscire fuori dello sguardo, superare l'orizzonte e diventare quasi invisibili ai loro occhi.
Brindo alla nostra.
Alla nostra amicizia su cui so di poter contare e su cui faccio ormai cieco affidamento. C'ho sempre creduto perchè non abbassavamo mai lo sguardo quando parlavamo e ci confessavamo i nostri sogni puerili e le nostre sconfitte adolescenziali. Non lo abbassiamo neanche ora che parliamo delle aspettative per il nostro futuro. Ci scrutiamo le anime con i nostri occhi e non nascondiamo nel buio neanche un alito di essa.
Hai paura di ciò che ci attende? Sai, io non ho paura. Sarà perchè quando sono con te non ho mai paura. Sarà perchè abbiamo affrontato sempre tutto insieme. Insieme siamo stati nella gioia di un pomeriggio estivo, nella piazza del paese, sotto il sole seduti su una panchina a gustare un gelato, e insieme siamo stati nella tristezza di un amore che non è decollato e che ha deciso di sbocciare e fiorire nel giardino di un altro. Magari fino a sfiorire.
Sarà per tutto questo ma il futuro non mi fa paura. Saremo sempre in due ad affrontarlo e insieme siamo una squadra. Insieme stiamo in piedi mentre divisi noi precipitiamo, così come cantavano i Pink Floyd.
Lo so che la mia citazione non ti stupisce. Coltiviamo insieme la passione per la bella musica, per quella musica anche datata che però riesce sempre ad insegnare qualcosa, a trasmettere un'emozione anche al millesimo ascolto che ne facciamo.
Su questa musica abbiamo ballato, ricordi? Abbiamo saltato, abbiamo cantato e abbiamo sognato. Ci siamo guardati in viso e ci siamo parlati.
Schiettamente come sempre facciamo. Con amore e rabbia. Ti conosco così bene che posso sempre dirti quello che pensi senza che tu proferisca parola. Mi basta guardarti. Come muovi gli occhi, come essi brillano, come muovi le mani, con quale intensità respiri. Sono sempre in grado di capire il tuo pensiero. Per questo non puoi mai mentirmi. Neanche adesso che bevi il nostro bourbon e rimani in silenzio, come se non ci sia nulla di cui parlare, come se tutto stia andando bene, come se nulla ti manchi.
Sappiamo entrambi che c'è qualcosa che ti manca. Tu te ne verrai fuori adesso col dire che non può mai mancare ciò che non si è mai avuto. Ma non mi freghi. La tua arte oratoria, la tua bravura coi giochi di parole non m'incanta e non mi distrae dall'argomento.
C'è qualcosa che ti manca. Lo so, lo sai e sai che io lo so.
Vuoi sapere quando la sua mancanza si vede?
Si vede quando esci e io ti guardo da lontano. Te ne stai lì a ridere e a scherzare con gli altri tuoi amici, ironizzi sempre su tutto e saluti tutti sempre con il sorriso sulle labbra.
Cosa c'è di male? Non c'è nulla di male.
Se non fosse però per il fatto che in quegli impercettibili secondi tra una risata e l'altra, tra un saluto e un sorriso, i tuoi occhi diventano scuri e miseri, smettendo di brillare. E' una questione di attimi, effimeri e rapidi come i profumi nelle giornate di vento, ma io li noto e li percepisco.
Smetti di brillare perchè con loro brilli di una luce artificiale che richiede di essere ricaricata. Per ricaricarla devi spegnerla e riaccenderla. Nell'attimo di buio ti guardo e capisco ciò che la tua mente pensa.
Ti manca vero?
E' una fortuna per chi riesce a trovarlo. La giornata ti diventa luminosa e calda, come una giornata d'agosto.
Però non accontentarti mai. Sei troppo importante per accontentarti di un sole di cartone. Meriti un sole incandescente, pieno di fuoco e di calore, fonte di luce bianca e infinita. Infinita come la bellezza della tua anima.
Cercalo sempre e non fermarti mai; neanche quando la ricerca si fa dura e sfiancante, quando sei costretto a salire ripide salite.
Non mollare neanche quando ti sembrerà di addentrarti in un cespuglio di spine e di foglie. Perchè lì troverai la tua rosa. Sarà una delle rose più belle che siano mai sbocciate.
Sarà rossa piena d'amore, profumata di purezza e fresca di felicità.
Sarà la rosa che porterai per sempre nel tuo cuore, anche se le sue spine saranno per te sempre una minaccia di dolore.
Sarà la rosa che per sempre profumerà la tua vita.
Vedi i miei occhi e sai che loro non posso mentire.
La canzone è quasi terminata.
Questa canzone che per te, per noi vuol dire tanto.
Ti ha lasciato nuovamente un messaggio diverso?
Usciamo fuori da questa stanza e ributtiamoci in mezzo al vento. Facciamoci da lui trasportare tra la gente.
Tanto non sei solo, lo sai.
Cangaceiro, tu hai me.

mercoledì 11 giugno 2008

Discorso


Da "La notte degli albatros" di Diego Cugia

Discorso.


"Siamo qui per un sogno: il sogno di poter tornare a sognare. Mi basta guardarvi per essere certo che nessuno potrà mai seppellire i nostri sogni. Siamo tutti soli, siamo tutti diversi, ma siamo tutti insieme e condividiamo molte speranze, molte paure, molti ideali. Alcatraz è una patria comune. Ho cercato questa patria comune facendo un viaggio dentro me stesso. Siamo Noi le nostre Alcatraz. Migliaia e migliaia di Alcatraz con tante celle con dentro migliaia di
“Io”. Ci sono Io Presentabili ed Io Impresentabili. Quando andiamo in giro per le strade, scegliamo quasi sempre d’indossare la nostra personalità più presentabile, l’Io da passeggio, o l’Io vestito da sera. Quello che ha maggiori possibilità di sopravvivere, forse perché è la nostra coscienza più mediocre, quella che dice sempre “Sì” o “Ni”, quella che abbassa gli occhi di fronte alle ingiustizie, alla corruzione, alla miseria e al dolore degli oppressi, dei diversi, dei deboli “perché non ti conviene; perché ti metti nei guai; perché va’ con chi vince; perché sta zitto e fregatene, in fondo non sono affari tuoi. Ma la stoffa di questo “Io” da passeggio poi ci soffoca, è una seta gelida, un’anima morta.
L’Italia è piena di questi sudari che camminano. Allora noi abbiamo cercato caldo all’inferno, perché siamo partiti alla ricerca di Jack, il “nostro” Jack: quello rinchiuso al buio in una gabbia così inaccessibile che nessuno lo potesse sentire, perché era stato “cattivo”, il più cattivo di tutti noi “Io”.

Jack quello che dice sempre No, l’insolente, il vagabondo, il sognatore, il ribelle, il rompiballe, la nostra personalità più impresentabile, quello che se non riesce a farsi amare si fa odiare, quello che “tu finirai male, figlio mio”; Jack l’ultimo della classe, il guastafeste, capace d’ingraziarsi i potenti e, quando è in cima ai loro favori, di sbeffeggiarli, ma nessuno lo potrà mai capire perché è un gioco a perdere, un calcio al Potere. Jack, la luna nera. Il condannato. …Ma anche l’uomo capace di sognare di essere un albatro e di volare verso un sole d’oro. Per questo, dovevamo dargli un microfono. E per questo, stasera, siete così in tanti.
Solo chi è stato profondamente al buio poteva immaginare una notte così bianca.
Dare il microfono all’Io che teniamo in prigione nel nostro braccio della morte, costituisce un rischio altissimo, per i vecchi noi stessi, per i compromessi che Jack ci farà esplodere dentro, e per la mediocre società, quella che o lo deride, o lo disprezza, o l’ignora; perché Jack è un italiano fuori posto, non etichettabile, quindi incontrollabile e capace di una rivoluzionaria tenerezza sociale.

Jack è pericoloso perché si fa continue domande, mentre per noi sono pericolosi quei giornalisti che non se le fanno più, e soprattutto quei governanti che non hanno mai dubbi. Siamo ricaduti nell’Italia che si fida dei punti esclamativi di un uomo solo. Jack preferisce continuare a fidarsi dei punti interrogativi di tutti.
Peppino Impastato aveva dato il microfono al suo Jack. Falcone e Borsellino l’avevano dato. Anche Che Guevara, soprattutto quando rinunciò agli onori politici di Cuba, per combattere un sogno d’altri. Da noi, un secolo prima, l’aveva già sognato e realizzato Garibaldi.
Era la stessa fede politica che univa personaggi così diversi? Forse Borsellino e Impastato votavano per lo stesso partito? No. Thomas Eliot, in un verso infinito di tre parole, si chiede: “Oserò turbare l’universo?” Il verbo che unisce questi uomini liberi è “osare”. Osare di turbare l’universo mafia …è un bell’osare. Soprattutto oggi.
Interessa? … Interessa? …(Lo sospettavo)
Jack Folla non è un black-block. Chi agisce violentemente in quel modo all’esterno è un'altra di quelle “personalità in vestito da sera”. Gli “Io” vestiti da sera non sono necessariamente griffati Valentino. Sono le divise di quei poliziotti che manganellano una ragazza con le mani al cielo,
o la tuta nera di un black-block che brucia un’automobile o una banca. Ma anche una camicia verde che impreca contro gli stranieri, accusandoli del delitto di non essersi integrati, un delitto che lui per primo ha commesso: non essendo riuscito neanche a integrarsi con se stesso.
Questa gente, di cui l’Europa si sta pericolosamente affollando, è straniera a se stessa, agisce esternamente quello che dovrebbe provocarsi internamente: incendiarsi le certezze assolute, manganellare e limare le sbarre della propria prigione per far evadere il loro extracomunitario Jack. Liberarsi. Ma loro, credendo di liberarsi, cacciano fuori sempre la persona sbagliata. Gli altri.
Anche l’Italia ormai è sempre più scissa, proprio come le nostre personalità; un Paese spaccato in due anche da un Presidente del Consiglio che promette di sognare per tutti ma che poi sogna solo se stesso. Ma così viaggia solo in superficie, “sulla cresta dell’onda”, e l’Italia di oggi è diventata la sua scia. La Repubblica di MastroLindo, come cantava profeticamente De Gregori.
A questa Italia delle apparenze, il Paese in cui la Pubblicità è Dio, la Religione i Soldi; …all’Italia delle Chiese dei Sondaggi, delle televisioni a pensiero unificato, dei Vip che applaudono i Vip, Jack Folla, dalla periferia di tutto, ha lanciato la sua piccola, grande sfida: comunicare in modo trasparente. Mettere in piazza, prima di denunciare quelli altrui, i propri orrori; mettere in dubbio, autoironicamente, le proprie presunte “verità”; non approfittare del seducente, tremendo potere di suggestione della radio e della TV; mettere in guardia chi ti ascolta anche da te che parli, non “fottere” il pubblico: e se proprio non resisti, cercare di farci l’amore.
La sfida era quella di non scindersi mai. C’era un famoso programma alla radio, tanti anni fa; un personaggio-mattatore si confrontava col pubblico; il titolo era “Voi e io”. Alcatraz ha aggiunto solo un accento: Voi E’ io. Ma come evitare, a questo punto, il rischio d’onnipotenza?
L’unico sistema che conosco (e consiglierei anche al potere politico attuale) è quello di sottoporsi al giudizio di una magistratura alla quale davvero non ci si dovrebbe sottrarre mai, non fosse altro per stile: e anche lei, la magistratura, siamo sempre noi. Così come noi siamo la libera informazione italiana. Noi siamo diritti e doveri. Privilegi e soprusi. Nord e Sud. Siamo
Bergamo e Messina. Siamo Gerusalemme ferita. Noi siamo l’ebreo e il palestinese. E siamo l’impotenza dell’Onu.
Siamo solo noi che proiettiamo il mondo che vediamo, scisso proprio come siamo scissi noi, -noi carnefici, noi vittime-, mentre invece continuiamo ad attribuirci solo la regia delle cose che ci piacciono e adisconoscere e a rinfacciarci la paternità dei film che non ci piacciono, ma quando questo lo fanno addirittura i ministri e i capi di Stato, allora è un vero guaio. Una tragedia che si chiama, per esempio, torri gemelle di Manhattan. L’esplosione di una scissione dell’Io collettivo del mondo. Perché se tu hai una doppia coscienza, e con la prima vendi armi batteriologiche, per esempio, all’Irak; non puoi gridare con la seconda coscienza al pericolo di una guerra batteriologica e attaccare l’Irak. Questo intendo per scissione dell’Io collettivo. La conseguenza, -l’esplosione del sintomo-, è Manhattan. E se anche questa tragedia la tratti come causa del male, allora intervieni “chirurgicamente” sull’Afganistan, ma non curi, al contrario, il malato mondo peggiora, perché continui a dividere il suo Io.
In questi tre anni di Alcatraz, avevo un desiderio: far evadere Jack.
Dapprima il Jack privato, perché chi scrive -come diceva Cesare Pavese- racconta quello che non ha; Quello che ha non lo racconta, se lo tiene. Ma poi non ho potuto tenermi più neanche quello che avevo. La mia famiglia, i miei ricordi, il nostro bisogno di essere amati, le vostre lettere, i nostri amori, le mie e le vostre malattie, e le nostre speranze di vivere in un Paese felice, tutto si è mescolato con tenerezza e rabbia in una sorta di Repubblica dei Liberi Stati Mentali; niente “è stato tenuto”, senza pudori, anche se con qualche imbarazzo, e il mio egoistico e un po’ narcisistico desiderio iniziale si è trasformato -dopo avervi conosciuti- in un altro: che voi riusciste a stringere, per una volta, la mano al vostro “Io” più impresentabile, che ricucissimo, tutti noi, una scissione, e ritrovassimo, qui e ora, in una notte come questa, una patria comune.
Guardatevi negli occhi, guardatevi intorno.
Vedete di cosa è capace il nostro “Io” più disperato, più solo, più abbandonato?
Prima parlavo del verbo “osare”, che amo molto.
Penso che noi siamo anche quello che siamo stati. Prima ancora che nascessimo intendo. Credo in una specie di reincarnazione all’incontrario.
Ho nostalgia del futuro perché ho il rispetto della memoria, e noi siamo anche i nostri antenati, i nostri morti. In questi anni mi avete chiesto in tanti “Ma come ti è saltato in mente un Jack Folla?” Mi perdonate un piccolo aneddoto privato? Spero di sì. Anche perché non ve lo racconto per stronza vanagloria. Sono la pecora rossa di una famiglia benemerita delle armi italiane. Ce l’ho un po’ su con Bossi perché quindici fra miei bisnonni, biszii e biscugini sono morti per il Risorgimento e l’Unità d’Italia. Quindici giovani che volevano un’Italia non scissa, ma una, libera e indipendente.

Jack Folla è anche nato dal gesto di uno di loro. Era mio bisnonno. Si chiamava Efisio, e fu l’unico generale che nella disfatta di Custoza continuava a avanzare, mentre l’altra mezza dozzina di generali di divisione -senza premurarsi di avvertirlo- si erano già ritirati. Alla Camera dissero che se tutti avessero combattuto come lui, Custoza non sarebbe stata un’onta per l’Italia. Lo fecero ministro della guerra. Ma non è questo l’osare che intendo. Anche questa, pur essendo Storia, è vanità. Io parlo di quel momento irripetibile della vita di ciascuno, in cui, con un piccolo gesto di rivoluzionaria follia, si spezza un vecchio e logoro schema, si rompe col passato e si apre al nuovo mondo.
Prima di “partorire” Jack, scoprii casualmente un aneddoto familiare all’Archivio di Stato. Il 2 Luglio 1871 il Re Vittorio Emanuele II entrò solennemente a Roma, diventata capitale. Immaginatevi il corteo, la pompa magna, le alte uniformi, la folla. Ma al Quirinale, l’Italia Unita trovò il portone sbarrato. Il Papa non era stato proprio felicissimo di cedere agli italiani casa sua, che poi, veramente, era la nostra. Così era fuggito. Ma era fuggito anche il cardinale che custodiva le chiavi, portandosi appresso, come sfida e ultimo gesto di disprezzo, tutto il mazzo. Il soldatino della guardia reale bussava, suonava, tentava di aprire. Tutto inutile. Il Quirinale era sbarrato. Il re d’Italia, incazzato, tossiva, gli ufficiali in alta uniforme arrossivano, tutto il cerimoniale andò in tilt. Nessuno sapeva che pesci pigliare. L’Italia veniva a prendersi Roma, ma la nobiltà nera di Roma aveva chiuso i portoni dei palazzi in segno di lutto per l’arrivo degli “italiani invasori” e i preti avevano gettato le chiavi del Palazzo dei Palazzi. Allora Efisio scese da cavallo, si piantò davanti al portone sbarrato, prese le misure, e senza tanti “se” e “ma” sferrò un calcione con gli stivali e sfondò la porta del Quirinale, che da quel momento divenne la casa di tutti gli italiani. Lo era già, per legge, però quel calcio ci voleva, quel calcio è la storia che si compie, è esattamente l’atto di chi “osa turbare l’universo”.
Volevo dire che, di generazione in generazione, non si tramandano nel sangue solo il diabete o l’anemia mediterranea, ma anche i calci. E allora, un secolo e mezzo dopo, o da quel gesto nasce Totti, (e io a calcio ero una schiappa) o dall’albero genealogico della fantasia, nasce un Jack Folla. Quello che conta, cioè, non è se hai avuto o non avuto un bisnonno “famoso”; il sangue che conta è solo quello che trasmette (non alla tua schiatta ma a tutti) la capacità di sognare. E per sognare intendo la capacità d’immaginare insieme un mondo diverso, un Paese migliore. Perché se quel film non ce l’hai già dentro, non potrai proiettarlo quindi “vederlo” mai. La seconda domanda alla quale volevo dare una risposta (non preoccupatevi, le domande sono solo tre) è il grido “Perché vuoi uccidere Jack? E perché proprio adesso che in lui ci siamo ritrovati? Jack non deve morire!” Non sarò certo io a seppellire il mio sogno più caro, che si chiama come un film, e come questa notte “Le ali della libertà”. Jack non può morire perché ormai è stato trasmesso nel DNA della fantasia, è già in circolo nel sangue dei vostri valori, anzi, lo era da sempre, semplicemente l’abbiamo ritrovato. Jack, stanotte, deve partire, è diverso. Se tornerà, quando, e in che cosa l’avrà trasformato il nostro sogno collettivo, questo non è dato saperlo né a voi né a me.
Ma se Jack parte stanotte, suppongo che qualcosa o qualcuno stia per arrivare domani. Uno scrittore non è altro che una stazione di confine. Tutte le storie sono in transito. Bisogna solo aspettare il treno giusto.
Ma so già che a molti di voi questa risposta non basterà; ed io stesso sono triste, stasera, perché dire “Hasta siempre, Jack” mi fa, come tutti gli abbandoni, anche una certa paura.
Jack, per tre anni, è stato il mio universo.
“Oserò turbare l’universo?”
Sì. Sì perché se Jack Folla è diventato il nostro nuovo universo, il nostro universo diventa la sua nuova prigione. Non dobbiamo permetterlo mai.
Jack è la nostra mente libera. Bisogna lasciarla volare. Lui è il nostro albatro viaggiatore.
Vi ricordate la poesia “Il viaggio” di Baudelaire?
“Noi partiamo un mattino con il cervello in fiamme, con il cuore gonfio di rancori e di desideri amari, e andiamo, cullando al ritmo delle onde il nostro infinito sul finito dei mari. Alcuni sono lieti di fuggire una patria infame, altri l’orrore della loro nascita, altri ancora –astrologhi sperduti negli occhi di una donna- la tirannica Circe dai pericolosi profumi…
Ma i veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire; cuori leggeri, simili agli aerostati, essi non si separano mai dalla loro fatalità, e senza sapere perché, dicono sempre “Andiamo”! I loro desideri hanno le forme delle nuvole.”
Questo è stato Jack. E non saremo certo noi quelli che mettono le nuvole in gabbia.
E adesso la terza e ultima risposta. Questa notte molti di voi verranno qui a raccontarci “se, e in che cosa, sono cambiati con Jack.” Credo di dovermi sottoporre anch’io a questa domanda. E’ un dovere, perché siete diventati voi i miei Jack, ed avete rivoluzionato la mia visione del mondo.
La mia è una risposta molto semplice. Ho sempre pensato di essere solo.
Stanotte, mi basta guardarvi, per capire, non soltanto di non esserlo più, ma di non esserlo stato mai."

D.C.