giovedì 31 gennaio 2008

Arcodamore


Tu sei sicuro di quello che conosci? Sei sicuro di conoscere quello che credi di sapere? E pensi di non conoscere quello che credi di non sapere? O sai anche quello?
Io non sono sicuro di niente. So poche cose rispetto alle cose che non so e le stesse poche cose che so non sono sicuro di saperle.
Quante domande pretendono una risposta che non esiste. Quante domande rimangono inascoltate e soffocate nei silenzi urlati della mia giornata.
In uno di questi silenzi, sono salpato dal porto e ho percorso una rotta ignota e mai fatta prima: sempre dritto verso qualcosa di nuovo.
E tra le onde alte davanti la prua, illuminato dalla luce stellare e della Luna, ho trovato questo passo:

"...Vorrei sapere dove sei questa notte, mentre qui sono le 4 e non riesco ad addormentarmi. Vorrei sapere cosa stai facendo e con chi sei, e che faccia hai, se ti ho già incontrato o ci siamo solo sfiorati qualche volta, se siamo sempre stati distanti senza il minimo punto di contatto. Vorrei sapere se ci incontreremo, e quando. Se ci incontreremo troppo tardi o appena in tempo, o ci incontreremo ma non riusciremo neanche a capire che eravamo noi e quanto eravamo importanti l’una x l’altro. Io credo che ti riconoscerei subito, anzi sono sicuro. Mi basterebbe guardarti negli occhi un attimo x capire che sei tu, o solo guardarti entrare in una stanza. Mi basterebbe un secondo o meno. Però adesso dove sei? Dove sei? E ci sei, poi?"
(tratto da "Arcodamore", Andrea De Carlo)

A me ha scatenato una miriade di pensieri. A te?

lunedì 28 gennaio 2008

E' solo questione di ciò che guardi


"Puoi continuare a guardare la notte oppure seguire la Luna nel suo cammino e arrivare poi al mattino."
Ma se io, una volta tanto, volessi restare fermo alla fermata a guardare la notte, attendendo la Luna, in modo di non darmi la colpa nel caso in cui l'alba non sia bella come me l'aspettavo, cosa potrebbe accadere?
Si tratta solo di aspettative e in questi casi conviene sempre non aspettarsi tanto dalle cose per non rimanerne poi delusi.
Meglio evitare di scoprire ciò che in realtà si è, rimanendo sempre illusi o ingannati su quello che si pensa di essere ma che non si è.
Solo in questo modo si può continuare ad andare in giro, sorridendo alla gente, ridendo ai loro occhi, come un buffo commediante nella tragedia più grande che possa mai esistere: la vita.
E alla fine aspettarsi solo fischi e qualche timidissimo applauso da parte di chi non ne poteva più di assisterà a quella scena, con un copione inesistente e comunque banale, una scenografia buia e squallida, un'arte disastrosa.
E' solo questione ci ciò che si guarda forse, del come si guarda. Cambiando il modo forse cambia anche il giudizio e il valore e in questo caso si può fingere anche di stare bene.

mercoledì 23 gennaio 2008

Il cielo sta cadendo



Il cielo sta cadendo e io non me ne rendo neanche conto. Lo sento scivolare giù, lentamente, con passo cadenzato, tra le nuvole che si addensano a cumuli chiari, pieni di fumo e di nebbie, che nascondono chissà quali segreti, desideri e sogni.
Il cielo sta cadendo e tutto ciò che faccio è pieno di errori e di dubbi. La vita è fatta di appuntamenti mancati e incontri mai avvenuti, ne sono sicuro, ma anche di scelte non fatte e se fatte, di sicuro sbagliate.
Poi ci sono le giornate in cui incontri ciò che proprio non vuoi incontrando, salvandoti dietro a domande che non fai per paura della risposta che potresti sentire. Perchè le domande sono importanti nella vita. Ci fanno essere quello che siamo. Ma le risposte lo sono di più. Sono fondamentali. E io la tua risposta non la voglio sapere. Per questo evito di farti la domanda.











The sky is falling
Human race that we run
It left me crawling
Staring straight at the sun
Only a moment I notice
Every dog has his day
I paid attention
Cost me so much to today
For so long
I saw only wrong
But now to remind
It's a waste of time
Close your eyes and see the skies are falling
I wanted something
Nothing blank I don't know
It's all deflecting
Stones are easy to throw
Only a moment I notice
Hours, days left behind
Of wasted, useless
Selfless, none of a kind
For so long
I saw only wrong
But now to remind
Not to go back to the low
That has drained my life so low
That has drained my life so low
That has drained my life so low
Close your eyes and see the skies are falling
-QOTSA: The Sky is fallin'

martedì 22 gennaio 2008

I baci


Stavo seduto davanti il computer quando, riascoltando una vecchia puntata del programma radiofonico "Il volo del mattino" su Radio Deejay, ho sentito la voce di Fabio Volo interpretare un passo di un'opera di Lord Byron. Il Don Giovanni.
Le parole, rilette poi, mi hanno fatto sognare un quadretto di felicità e unicità, provando persino invidia.


Si avvicinarono le loro labbra e si fusero in un bacio. Un lungo bacio di giovinezza ed amore e beltà, in cui confluì tutto, come i raggi in un fuoco acceso in cielo.
Tali baci appartengono ai primi giorni, dove il cuore e l’anima e i sensi si muovono di comune accordo, il sangue è lava e il polso una vampa. Ogni bacio è un batticuore poiché la potenza del bacio penso debba essere calcolata dalla sua lunghezza. Per la lunghezza intendo la durata.Il loro proseguì… il cielo sa quanto. Non c’è dubbio che non lo misurarono e se lo avessero fatto non avrebbero potuto ottenere la somma delle loro sensazioni in un secondo.
Non avevano parole ma si sentirono attratti come se le loro anime e le labbra si fossero invocate e una volta unite come sciamanti api si avvinsero i loro cuori, essendo i fiori da cui sgorgava il miele.
Erano soli, ma non soli come coloro che chiusi in camera si considerano in solitudine. L’oceano silenzioso, la baia illuminata dalle stelle, lo splendore del crepuscolo che ogni momento calava, la muta sabbia e le goccianti grotte che si estendevano intorno a loro, li fece stringere l’uno a l’altra, come se non vi fosse vita sotto il cielo eccetto la loro e come se la loro vita fosse immortale.
Non temevano nè occhi nè orecchia su quella spiaggia deserta. Perduti l’uno nell’altro non percepivano terrori notturni, sebbene il loro colloquio fosse fatto di parole spezzate per essere un idioma e tutti gli ardenti linguaggi insegnati dalle passioni trovavano in un sospiro l’interprete migliore dell’oracolo della natura muta: il primo amore, tutto ciò che Eva ha lasciato alle sue figlie dopo la caduta.

(Don Juan, Lord Byron)

domenica 20 gennaio 2008

La lettera di Martino


Andando alla riscoperta delle vecchie pellicole di una volta, di quei film che ti divertivano ma anche ti crescevano, oggi riportare alla luce il film "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", tratto dall'omonimo libro di Enrico Brizzi. In particolare posto la lettera che Martino scrive all'amico Alex prima di uscire lui dal gruppo.


Alex,
amico mio finita questa lettera scenderò per via dei colli, via San Mammolo, Via D'Azeglio, e via Farini a cavallo della mia celebre vespa special, mi fermerò in piazza Minighetti di fronte alle poste, imbucherò la lettera, forse prenderò un gelato (mi va un gelato alla frutta con le amarene sopra), tornerò indietro, lascierò la vespa in giardino, mi chiuderò in casa e distruggerò tutti i quadri che si son comprati i miei per far bello questo posto di morti.
Mi fa troppo schifo vivere così, e ci sono troppo dentro per cambiare.
Comunque, i miei son dei poveretti. Non è per loro che ho deciso. E' per me.
Ho pensato e pensato, vecchio mio. E le mie conclusioni sono queste: se sei un barbone, un drogato, un immigrato, un albano, sei fottuto. Ti isolano, sei fuori dal gruppo. Poi, il gruppo ti lascia più o meno in pace e in disparte all'inizio, fino a quando non ne fai una troppo grossa, e allora finisci in galera. Se invece sei una persona normale, rispettabile, se sei nel gruppo, bene o male lavori per il gruppo. E questo non vuol dire necessariamente essere onesto. Anzi.
I capi del gruppo son tipo gli amici dei miei, gran stronzi pieni di soldi che cercano di controllare la gente. Con i partiti, con la censura, con i gruppi economici.
Ne sai a pacchi di queste cose, tu, che sei una specie di inkazzato sociale.
Il gruppo è tutta la merda che ci danno da mangiare, giusto.
Ecco, io credo che se ne esca o essendo intelligentissimi, spiritualmente liberi come i monaci buddhisti o i grandi filosofi, e allora ci si innalza; oppure prendendo il sacco a pelo e andando a vivere alla stazione o nei campi nomadi, e allora ci si abbassa.
A me la prima soluzione non mi va. Troppo dura. E poi l'unica cosa intellettuale che faccio è guardare dei film. E la seconda non mi va perchè a fare i barboni ci si ammala quasi subito e si diventa pieni di croste e malati e bruttissimi.
C'è pure un terzo modo, alla fine: un salto fuori dal cerchio che ci hanno disegnato intorno. Mi fa solo un pò schifo pensare a come sarà il mio corpo.
Ieri notte ho sognato i pompieri che entravano in casa buttando giù la porta e trovavano il mio cadavere. Ero sdraiato per terra in pancia in su. Il pompiere era grosso, sui cinquanta, aveva i baffi neri, mi sollevava la testa e diceva "Povero ragazzo..." come nei film.
Ma sono a posto con me stesso, sai Alex?, perchè è la prima grande cosa che faccio. Tutto il resto me l'avevano insegnato, questa storia l'ho progettata e decisa io.
Alex amico mio, sono sereno, non credere.
Ti abbraccio e ti saluto con tutta la forza. Non lasciare che ti sottomettano. Non dimenticarmi.
Martino


(Tratto dal libro: Jack Frusciante è uscito dal gruppo)

mercoledì 9 gennaio 2008

Il mio barbarico YAWP


Pochi sono i film che a mio parere meritano di essere ricordati e menzionati tra i capolavori-educatori di una persona. Uno di questi è di sicuro "L'Attimo Fuggente". L'avrò visto un centinaio di volte. Sono giunto al punto di anticipare tutte le battute ma non riesco proprio ad esimermi dal vederlo ogni volta che ne ho la possibilità.
Mi blocco seduto sulla sedia, davanti al televisore, e passo quasi 2 ore della mia vita a sognare con il Professore Keating, con Neil e Todd, ascoltando poesie, sogni di gloria, ribellioni alle tradizioni e lanci in volo.
Non c'è scena che non merita di essere citata, rivista, osannata.
Oggi però mi funesta lo YAWP, il barbarico YAWP.
Lo YAWP, come Keating insegna, è un ululato barbarico e rauco.
E' un ululato contro l'anonimato che ci opprime ogni giorno, contro quella coltre di nebbia e di indifferenza che ci copre e ci nasconde dagli occhi degli altri, delle persone che con noi vivono la nostra esistenza. E' un ululato contro la delusione e la disillusione che ci lascia ogni sogno da me sognato e poi infranto. Forse da me, perchè sono io il mio carnefice, il mio assassino. Al contempo vittima e assassino. Mi lascio andare in sogno forse troppo grandi per me stesso. Troppo colorati. Chissà, a volte basta diminuire un pò la dimensione del sogno per essere felice, diminuire un pò la cornice del quadro per dipingere un capolavoro. Ma io sono sempre infinito, senza limiti, e odio le catene.
Per questo ho la musica che mi fa volare alto nel cielo, sopra le nuvole e gli aeroplani. Che mi fa sfiorare il sole e la luna.
Per questo ho la poesia che mi fa sognare ogni giorno un volto diverso, due occhi diversi, un amore diverso.
La poesia è il mio barbarico YAWP.
Con lei mi ribello alla solitudine di stare in una compagnia estranea, al rumore di un silenzio assordante, quando tutto quello che desideri è una carezza e tutto quello che ottieni è un altro attimo di malinconia.
In questi momenti, quando non sento l'affetto che cerco, la comprensione e la condivisione, io urlo il mio barbarico YAWP, che risuona sopra i tetti del mondo.

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