martedì 17 novembre 2009

Ragazza che non ho (Jack Folla)



Ragazza che non ho, ti ho gia scritto una volta, ero più giovane dentro e fuori, sognavo che dal buio fiammante della radio potessi uscire tu, con il mio sos di carta fra le dita e uno di quei sorrisi che sembrano dire: “perché ti meravigli tanto, Jack?
Non hai mai visto uscire una ragazza da una radio?”
Avrei guardato le tue gambe svelte scavalcare la finestra nera della mia Sony, ti saresti lasciata ammirare col vestitino di carta giapponese con i fiori d’acqua
E tutti i miei problemi si sarebbero accucciati in un angolo come un cane pentito, perché avevo osato dubitare della materia dei sogni.
Vedi ragazza, credere nell’impossibile è stata la causa di tutti i miei guai e di tutte le mie grandezze. Io ho puntato su tutte le roulette, ho guidato contromano nella notte, sono andato in spiaggia con le scarpe d’inverno e mi sono steso in cappotto davanti al mare bruciante, perché disprezzavo i luoghi comuni e, così non ho mai smesso di credere che esisti; che esistono ragazze che escono dalle radio con i vestiti a fiori.
E questo lo devo a mio padre, che mi insegnò ad osare...
Ecco perché ti ho riscritto e imbuco la mia busta nell’universo.
Non sono così sciocco da credere che tu non verrai mai : i miracoli sono più reali dei soldi, la verità è che temo di deluderti.
Sono scorbutico, e pieno di dubbi e non ho mai imparato a ballare.
Ti annoieresti, temo, e dopo qualche minuto di silenzio mi diresti: usciamo ?
E non mi va di uscire, e poi stasera in televisione c’è il mio documentario preferito, e di là la cena è apparecchiata per uno.
E poi ho l’ansia da prestazione, va bene?
Tu hai fatto l’amore fra le stelle io in letti da serie B, e la sigaretta dopo... era l’orgasmo.
Attenta, non credermi ragazza che non ho, il mio è un vecchio gioco.
Provocare miracoli e smettere di stupirsi l’attimo dopo.
Se a quel punto te ne andassi via, sarei perduto: siamo mezzi uomini, mezzi maghi, eterni bambini.
Non credermi, basta! Portami fuori!
È una sera così dolce, ci sarà pure da qualche parte una balera deserta dove potrai insegnarmi il ritmo semplice della vita.
Ragazza che non ho, stanotte saremo in tanti ad attenderti lo sai?
Tu fai così, non pensare a me!
A forza di credere ai miracoli, io ho imparato a reggerne l’assenza; ma uno, questa notte, uno almeno di noi, fallo felice!

di Diego Cugia

sabato 14 novembre 2009

Gemma di saggezza

Avevo 16 anni... era sera... e da tempo ruminavo la frase di Descartes: "Penso dunque sono". Riflettevo da parecchio tempo... e facevo ogni volta il viaggio da questa realtà vivente che in me corrispondeva a "io penso" e "io sono" fino a queste parole, per caricarle... del loro vero senso. Era un lavoro difficile, ero sfinito, lo scatto che mi avrebbe rivelato il significato misterioso... della frase non si manifestava, ma a un certo punto, un altro scatto , che non mi aspettavo,... si produsse e in un attimo... mi sono ritrovato nel retroscena impossibile e inconcepibile di questo "io" che pensava...
Parlo di un cambiamento inaudito, di una rivoluzione inimmaginabile, e allo stesso tempo non c'è l'ombra di un cambiamento e questo proviene dalla natura della cosa che appare, che non è un oggetto, ma la prima persona... l'esistenza stessa... che non è "qualcosa" nel senso che diamo abitualmente a queste due parole, che esiste infinitamente, ma lascia intatto... colui di cui sconvolge la vita.
Stéphen Jourdain