giovedì 30 luglio 2009

L'elogio della lumaca


Esiste un elogio della follia ed esiste un elogio della mosca. Non so se esiste l’elogio della lumaca. Io comunque ho desiderio di farlo. Voglio elogiare la lumaca, per la sua esistenza, per il suo ruolo, per la sua fine.
La lumaca è sempre vista da tutti come la noia materializzata. Lenta nel suo incidere. Millimetrica. Sembra sempre ferma. E invece si muove. Si muove più di quanto noi stessi pensiamo o siamo capaci a fare, perché la lumaca sogna durante il suo impercettibile cammino e ha una mente così aperta e sognatrice che sempre, sempre, sempre, lei si immagina di fare chissà che cosa e in compagnia di chissà chi, in un posto del mondo qualsiasi. Non deve essere per forza quel muro bianco su cui si sta arrampicando o quel tronco di gelso in mezzo alla campagna. La lumaca sogna anche posti mai visti, conosciuti solo perché sentiti nominare dagli altri. Spesso sogna posti che non esistono.
La lumaca ha dei sentimenti. Per questo si porta sempre con sé, dietro di se, sulle sue spalle, il peso dei suoi ricordi e della sua casa, di quello che è stata. Non dimentica mai ciò che è stata. Non si fa abbattere dal peso del suo passato. Ne va orgogliosa e orgogliosamente lo va mostrando lungo tutto il suo infinito cammino. La lumaca ha paura del futuro ma nonostante ciò lo affronta e non si tira indietro. Lascia sempre dietro di sé una scia, un solco, utile per ritrovare la strada appena percorsa.
La lumaca forse pecca d’ingenuità ma non è cattiva. Proprio non riesce a vedere la reale natura delle cose, tende a sminuire e sminuirsi ed è allora che interpreta male ciò che le accade. Non afferra al volo il significato di un saluto, di un bacio o di un sorriso da parte di un’altra lumaca. Li bolla come tutt’altro. Salvo poi capirlo successivamente, dopo un po’ di tempo, con lentezza e magari rimpiangere, provare rimorso o più semplicemente provare a rimediare. Ma il tempo è già passato ed è difficile che il passato diventi presente per un uomo o un animale veloce. Figuriamoci per una lumaca.
Ecco, la lumaca a volte capisce lentamente le cose che le accadono. Credo sia l’unico suo difetto. Per il resto è perfetta di suo. Perfetta nella sua imperfezione, come qualsiasi altro essere vivente.
La lumaca pensa, ama, sogna. Cammina, viaggia. Lentamente. Impercettibilmente. Ma all’infinito.
(to be continued..... maybe)

sabato 25 luglio 2009

La lettera di Marina


Sabato, 22 giugno 2003, ore 17:07…

Caro Alessandro, spero che tu abbia mantenuto la tua promessa! Quando leggerai questa lettera, io sarò già partita. Sono tante le cose che vorrei dirti. Tante già le sai. Altre non te le ho mai dette, forse perché dire certe cose mi spaventava. Potevo sembrare stupida davanti ai tuoi occhi…oppure la solita chiacchierona. E così ho preferito non dirle e tenerle tutte per me e un po’ le ho tenute io per te. Ma adesso non devo avere più paura. Ormai sono partita e non c’è più la possibilità di doverti guardare negli occhi e parlarti e reggere il peso del tuo sguardo. Sono solo parole scritte su un foglio di carta, come tanti altri, ma sono parole che sento veramente mie e che è arrivato il momento di condividerle con te. Sin da quando ci siamo conosciuti, da quell’estate di 3 anni fa, ho sempre pensato che tu non sei uguale agli altri. Tanti cercano solo di apparire forti, super, unici. Tu invece sei diverso. Tu ti sei presentato per quello che eri veramente. Sei unico senza fare nulla per esserlo. Facevi di tutto per stare un po’ con me, ma poi subito ti bloccavi. Giravi lo sguardo dall’altra parte se ci incrociavamo, tremavi se stavamo troppo vicini. Eri buffo, tenero, dolcissimo. Le mie amiche mi chiedevano cosa ci trovavo in te. Non capivano come poteva piacermi un ragazzo così insicuro, e io rispondevo che mi piaceva la tua timidezza, il rossore sul tuo viso se ti davo un bacio sulla guancia, la tua fretta di cambiare discorso se ti parlavo di noi. E poi mi piaceva il modo in cui mi guardavi. Sembrava che non esistesse nessun’altra cosa per te. Solo io e basta. Mi facevi sentire l’unica. Hai impiegato più di 2 mesi per dirmi una cosa che già si leggeva nei tuoi occhi da tantissimo tempo. Sei stato il mio primo vero amore e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Nel periodo in cui siamo stati insieme, non siamo sempre andati d’accordo, un po’ per colpa mia, un po’ per colpa tua. Cercavo di cambiare qualche aspetto del tuo carattere, non capendo che non potevo; e tu a volte eri un po’ troppo testardo…ma non cambierei nulla del nostro passato. Sto mentendo. Forse qualcosa invece la cambierei. Quel pomeriggio ai giardini, davanti la nostra quercia, ricordi? Quando ero tornata da Parigi e ti ho dato il mio regalo. Cambierei la mia risposta. Se potessi tornare indietro, non ti farei andare via. Sono egoista, lo so, ma quel pomeriggio non capivo a cosa io stessi rinunciando. Da quel giorno, nei tuoi occhi non ho più visto l’amore che provavi per me, non ho più visto la dolcezza e l’adorazione, ho visto solo tristezza. La stessa tristezza che aveva riempito anche i miei occhi. Quando poi realizzai cosa avevo perso quel pomeriggio, tu ormai avevi deciso di dimenticarmi, e io non ho voluto, oppure non ho potuto, convincerti che non doveva finire in quel modo. Con tanto dolore, avevi già iniziato a dirmi addio, e da quella sera nella mia auto, ho cominciato anch’io a dirti addio. Si vede che doveva finire così. Tante cose ormai ci dividono, 2000 e passa chilometri ci separano, e le cose non credo che miglioreranno. Non te l’ho mai detto, ma la mattina che hanno buttato giù la quercia, la nostra quercia, sono stata ai giardini, per vedere per l’ultima volta il simbolo del nostro amore. Quella quercia aveva visto tutto di noi e quella mattina, dicendole addio, ho salutato per sempre anche noi. E così ora mi ritrovo qui. Distesa sul mio letto. Ho addosso la maglietta che mi hai regalato tu la scorsa estate, quella bianca con tutti quei cuoricini rossi disegnati, sto ascoltando ormai per la 17° volta di fila “Polly”, la mia canzone, quella che il giorno dopo che ci siamo lasciati, ho richiesto con un messaggino alla radio. Le pale del ventilatore girano veloci e quasi mi sento ipnotizzata, e penso alle stesse eliche dell’aereo che domani mi porterà via. Ti ho detto una stupidaggine, lo so. Gli aerei ormai non hanno più le eliche, ma quello di domani mi porterà veramente lontano da te. Verona, la città di Romeo e Giulietta. Buffo vero? Non ci vedremo più. E se ci vedremo, saremo diventati dei “quasi estranei”. Ci saluteremo con una stretta di mano, descrivendo tutti gli anni passati lontani con un semplice “tutto bene, grazie”. Cosa provi a pensarlo? Io provo tanta tristezza, malinconia e desolazione. Partendo, lascio qua oltre che il mio primo vero amore, anche il mio migliore amico e con lui un grosso pezzo del mio cuore. Sanny, ti dico l’ultima cosa importante che sento di dirti: ti amo. Non ti dimenticherò mai. Per sempre tua, Marina…..

P.S. Non te l’ho mai chiesto, ma quale foto hai messo nella cornice che ti ho portato da Parigi? Hai messo la nostra ultima foto? Io la mia l’ho messa nella cornice accanto al cuscino.

(tratto da Liber, sull'onda del ricordo)

lunedì 20 luglio 2009

Pari e dispari


E’ un campo sconosciuto la matematica e in particolare la numerologia per un ragazzo che studia materie umanistiche e che di tanto in tanto scrive. Eppure, dietro ogni numero e dietro ogni combinazione di numeri, c’è una filosofia e un filone di pensiero.
Pari o dispari?
Meglio il numero o meglio il numero dispari?
Ebbene, ho sempre preferito il numero dispari. Sarà che il dispari è visto dall’esterno come quel numero tendente alla solitudine o a restare solo. In questo caso il numero uno inganna tutti. Però, nonostante questo, ho sempre scelto il dispari ad esempio quando da bambino si facevano le “conte”. E lo scelgo ancora oggi.
Il numero dispari è per me ciò che di bello c’è nella matematica, perché non è perfettamente divisibile per due e a causa di ciò lascia sempre qualcosa come resto. Che belle le cose che lasciano i resti, a differenza delle cose che arrivano, passano e vanno via, lasciando il nulla dietro i loro passi.
Il numero dispari invece lascia un resto , una traccia di sé, di quello che è stato. Il numero dispari non dimentica e non viene mai dimenticato.
E’ questa la bellezza di questo numero. Un numero che al tempo stesso viene visto in modo corvo dagli altri perché tendente alla solitudine e poi lascia sempre un resto quando si divide in due.
La vita. La mia vita.
Io sono un numero dispari. Tendente alla solitudine, che però quando decide di dividersi in due e iniziare una vita in due, allora fa di tutto per lasciare dietro di sé una traccia del suo passaggio e della sua esistenza.
Tutto ciò che il numero pari non fa. Si divide in due e poi il nulla. Scomparso per sempre, senza una traccia che possa portare a lui. Come se non fosse mai esistito.

domenica 12 luglio 2009

L'arte di essere felici: Massima 13


Tratto dal libro "L'arte di essere felici" di Arthur Schopenhauer.


Se si è sereni, non chiedere per giunta a se
stessi l'autorizzazione a esserlo,
stando lì a riflettere se si ha per davvero motivo
di essere sereni da tutti i punti di vista.

mercoledì 8 luglio 2009

Perchè corro


Non importa dove si arriva. Ciò che conta è partire. Iniziare a correre e vedere la realtà davanti ai propri occhi mutare, cambiare forma e colore; perdere i suoi confini ben definiti e mischiarsi, l'albero con la sabbia, le foglie con il cielo, l'asfalto con le macchine.
Solo in questo modo si ha la piena consapevolezza che si sta correndo. Non esistono altri artefizi, altri metodi o diavolerie. Neanche ci si può fidare del giudizio altrui, esterno alla nostra persona, perchè tale giudizio può essere facilmente influenzato da falsi punti di riferimento o da errati punti di vista. Invece, il senso della vista e del tatto ci vengono in soccorso facendoci apprezzare in tutto il suo dolce sapore, il gusto della corsa, del movimento, del cambiamento.
Perchè la corsa è sinonimo di cambiamento. Di evoluzione. Forse negativa. Ma di certo evoluzione.
Non importa dove si va e dove si arriva. Conta che si sta andando e contano tutte quelle cose che durante la corsa si pensano. Sono quelle cose che colorano la nostra giornata, che ci regalano sorrisi, a volte luminosi a volte un pò cupi; ci regalano emozioni forti e anche qualche paura.
Prima o poi da qualche parte si arriva. E' logico. Ogni cosa al mondo, salvo poche, pochissime, rare eccezioni, ha un suo inizio e ha una sua fine. La corsa è tra queste.
Ha un inizio e ha una fine.
Io per tali motivi corro... E se qualcuno dovesse domandarmi perchè corro.. allora io rispondo come ha risposto Forrest Gump: "Corro perchè mi va di correre"