sabato 25 luglio 2009

La lettera di Marina


Sabato, 22 giugno 2003, ore 17:07…

Caro Alessandro, spero che tu abbia mantenuto la tua promessa! Quando leggerai questa lettera, io sarò già partita. Sono tante le cose che vorrei dirti. Tante già le sai. Altre non te le ho mai dette, forse perché dire certe cose mi spaventava. Potevo sembrare stupida davanti ai tuoi occhi…oppure la solita chiacchierona. E così ho preferito non dirle e tenerle tutte per me e un po’ le ho tenute io per te. Ma adesso non devo avere più paura. Ormai sono partita e non c’è più la possibilità di doverti guardare negli occhi e parlarti e reggere il peso del tuo sguardo. Sono solo parole scritte su un foglio di carta, come tanti altri, ma sono parole che sento veramente mie e che è arrivato il momento di condividerle con te. Sin da quando ci siamo conosciuti, da quell’estate di 3 anni fa, ho sempre pensato che tu non sei uguale agli altri. Tanti cercano solo di apparire forti, super, unici. Tu invece sei diverso. Tu ti sei presentato per quello che eri veramente. Sei unico senza fare nulla per esserlo. Facevi di tutto per stare un po’ con me, ma poi subito ti bloccavi. Giravi lo sguardo dall’altra parte se ci incrociavamo, tremavi se stavamo troppo vicini. Eri buffo, tenero, dolcissimo. Le mie amiche mi chiedevano cosa ci trovavo in te. Non capivano come poteva piacermi un ragazzo così insicuro, e io rispondevo che mi piaceva la tua timidezza, il rossore sul tuo viso se ti davo un bacio sulla guancia, la tua fretta di cambiare discorso se ti parlavo di noi. E poi mi piaceva il modo in cui mi guardavi. Sembrava che non esistesse nessun’altra cosa per te. Solo io e basta. Mi facevi sentire l’unica. Hai impiegato più di 2 mesi per dirmi una cosa che già si leggeva nei tuoi occhi da tantissimo tempo. Sei stato il mio primo vero amore e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Nel periodo in cui siamo stati insieme, non siamo sempre andati d’accordo, un po’ per colpa mia, un po’ per colpa tua. Cercavo di cambiare qualche aspetto del tuo carattere, non capendo che non potevo; e tu a volte eri un po’ troppo testardo…ma non cambierei nulla del nostro passato. Sto mentendo. Forse qualcosa invece la cambierei. Quel pomeriggio ai giardini, davanti la nostra quercia, ricordi? Quando ero tornata da Parigi e ti ho dato il mio regalo. Cambierei la mia risposta. Se potessi tornare indietro, non ti farei andare via. Sono egoista, lo so, ma quel pomeriggio non capivo a cosa io stessi rinunciando. Da quel giorno, nei tuoi occhi non ho più visto l’amore che provavi per me, non ho più visto la dolcezza e l’adorazione, ho visto solo tristezza. La stessa tristezza che aveva riempito anche i miei occhi. Quando poi realizzai cosa avevo perso quel pomeriggio, tu ormai avevi deciso di dimenticarmi, e io non ho voluto, oppure non ho potuto, convincerti che non doveva finire in quel modo. Con tanto dolore, avevi già iniziato a dirmi addio, e da quella sera nella mia auto, ho cominciato anch’io a dirti addio. Si vede che doveva finire così. Tante cose ormai ci dividono, 2000 e passa chilometri ci separano, e le cose non credo che miglioreranno. Non te l’ho mai detto, ma la mattina che hanno buttato giù la quercia, la nostra quercia, sono stata ai giardini, per vedere per l’ultima volta il simbolo del nostro amore. Quella quercia aveva visto tutto di noi e quella mattina, dicendole addio, ho salutato per sempre anche noi. E così ora mi ritrovo qui. Distesa sul mio letto. Ho addosso la maglietta che mi hai regalato tu la scorsa estate, quella bianca con tutti quei cuoricini rossi disegnati, sto ascoltando ormai per la 17° volta di fila “Polly”, la mia canzone, quella che il giorno dopo che ci siamo lasciati, ho richiesto con un messaggino alla radio. Le pale del ventilatore girano veloci e quasi mi sento ipnotizzata, e penso alle stesse eliche dell’aereo che domani mi porterà via. Ti ho detto una stupidaggine, lo so. Gli aerei ormai non hanno più le eliche, ma quello di domani mi porterà veramente lontano da te. Verona, la città di Romeo e Giulietta. Buffo vero? Non ci vedremo più. E se ci vedremo, saremo diventati dei “quasi estranei”. Ci saluteremo con una stretta di mano, descrivendo tutti gli anni passati lontani con un semplice “tutto bene, grazie”. Cosa provi a pensarlo? Io provo tanta tristezza, malinconia e desolazione. Partendo, lascio qua oltre che il mio primo vero amore, anche il mio migliore amico e con lui un grosso pezzo del mio cuore. Sanny, ti dico l’ultima cosa importante che sento di dirti: ti amo. Non ti dimenticherò mai. Per sempre tua, Marina…..

P.S. Non te l’ho mai chiesto, ma quale foto hai messo nella cornice che ti ho portato da Parigi? Hai messo la nostra ultima foto? Io la mia l’ho messa nella cornice accanto al cuscino.

(tratto da Liber, sull'onda del ricordo)

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