domenica 1 marzo 2009

Come una barca a vela

(Marina con barca a vela di Maurizio Soffiatti, olio su tela di cm. 50 x 70)


Stamattina mi son seduto sul divano. Avevo davanti la finestra e da una persiana aperta entra un pò di luce, ancora timida e fredda, luce del primo sole mattutino, utile soltanto per allontanare la notte e i suoi pensieri in chiaro e scuro.
Fuori c'era un forte vento e la tenda che in estate mi ripara dal vero sole caldo, stamattina si muoveva senza sosta e senza alcuna pace. Era scossa dalle raffiche di vento, che saranno state di sicuro raffiche fredde di vento. Sembrava quasi una vela di una barca in alto mare, in mezzo ad una tempesta; una barca che imbarca acqua da tutti i lati, barcolla, quasi si capovolge ma cerca comunque di restare ancora dritta, di non spezzarsi e di non lasciarsi andare giù, a picco, negli abissi del mare; farsi nascondere dalle acque e accogliere in quel silenzio come se fosse nel ventre materno.
Guardavo la luce farsi spazio nella stanza, il vento travolgere tutto ciò che trovava davanti i suoi passi e pensavo. Pensavo al calore che può dare un fuoco e al pericolo che allo stesso tempo esso rappresenta. Pensavo alla mia paura di scottarmi e a quella necessità che ho di scottarmi. Guardavo la finestra e mi vedevo lì seduto a guardare la finestra. Avrò di sicuro avuto uno sguardo perso lì fuori, smarrito e ricercatore. Ricercavo la strada giusta, anche se la meno battuta, per ritornare a stare davanti al sole e non scottarmi; sentire semplicemente sulla pelle e nel cuore il calore delle sue fiamme e non sentire invece il bruciore dei suoi raggi.
Il vento non mi era d'aiuto per niente. Lui spirava in direzione opposta a quella in cui volevo andare. Se mi fossi affacciato, so che sarei andato ancora più lontano. Niente mi avrebbe fermato, niente mi avrebbe trattenuto e sarei andato, contro la mia voglia, sempre più lontano; al punto di perdermi magari e non poter più tornare indietro, dove tutto invece è caldo, colorato, profumato da fiori e felice per via dell'amore che lì si respira.
Stavo seduto sul divano e ho scelto di stare fermo. Seduto. Immobile. Guardavo la tenda scuotersi e il sole tentare di raggiungermi. Io rimanevo fermo. Col pensiero a te, col cuore a te e negli occhi una sensazione di bruciore, un senso di mare, di quel mare che potrebbe nascondere e accogliere quella barca.
Chissà se leggerai mai queste parole. Chissà se darai loro lo stesso significato che hanno per me. Chissà.

4 commenti:

daylystory ha detto...

Il tono che hai non mi piace. Sembri triste e ho quasi paura a chiedere perchè. Spero non sia accaduto niente e ti mando un grosso abbraccio !!!
Ciao
Alex

Anonimo ha detto...

Quando mi sento solo in un mare in tempesta, immediatamente metto in campo tutte le mie risorse, così da restare sempre a galla...oggi finalmente a mare per una gara...ancora, caro amico, non hai scritto niente sui miei quadri informali, aspetto una tua critica. Domenico

Cangaceiro ha detto...

@ daily: Ehi Alex, tranquilla. Va tutto bene. Ogni tanto arriva qualche tempestuola ma sai, bisogna che piova ogni tanto per poter vedere dopo un arcobaleno no?
Stammi bene cara e a presto!

@ Domenico: Seguo sempre il tuo blog ma ho avuto pochissimo tempo per mettermi lì e lasciar fluire la "vena delle parole".
Ma non tarderò ancora molto..
A proposito, a quando il grande passo?

Anonimo ha detto...

IL 22 luglio