venerdì 8 febbraio 2008

Da "Le Affinità Elettive"



Mi sono imbattuto nella lettura di un romanzo divenuto ormai un classico. Si tratta de "Le affinità elettive" di Goethe. E proprio da questo romanzo, traggo questo passo, contenuto nel XVIII° Capitolo, che parla della descrizione che Eduard fa del sentimento che lo lega a Ottilie con il suo amico Mittler.
“Mi resta appena una gioia.
Quando le vivevo accanto, non la sognavo mai; ma adesso, così divisi, nel sogno stiamo insieme. E cosa strana: da quando ho fatto conoscenza, qui vicino, di altre piacevoli persone, ecco che in sogno m'appare la sua immagine, come volesse dirmi: "Guardati pur d'attorno, non troverai nulla di più bello, di più caro di me!"
Così la sua figura penetra in tutti i miei sogni. Tutte le esperienze avute con lei incalzano, e si sovrappongono alle mie di oggi.
C'è da sottoscrivere un contratto, ecco la sua mano e la mia, la sua firma e la mia, si cancellano a vicenda, s'intrecciano. E anche tali capricci della fantasia danno non poco dolore. Talvolta fa qualcosa che offende l'idea pura che ho di lei: allora, proprio perché provo un tormento indescrivibile, sento quanto l'amo.
Talvolta - ciò che all'opposto della sua natura - si prende beffe di me, mi molesta: e subito la sua immagine cambia, quella faccina tonda, angelica, s'allunga: ho davanti un'altra. Ma io resto irritato, scontento, avvilito.
“Non sorridete, caro Mittler, o anche sorridete, magari. Oh, io non mi vergogno di questa debolezza, di questa inclinazione, folle, se volete, insensata. No, non avevo mai amato: adesso sperimento cosa vuol dire. Sinora la mia vita è stata soltanto un preludio, un indugiare, oziare, sprecar tempo, sinché non ho trovato lei, non l'ho amata, e ho conosciuto l'amore autentico, pieno.
Apertamente non me lo hanno mai rinfacciato, ma alle spalle dicevano di me che sono un pasticcione, uno che, nelle sue faccende, tira via in qualche maniera. Può darsi: ma non m'ero ancora imbattuto in un mestiere nel quale mostrarmi maestro. Voglio vedere ora chi mi supera in fatto d'amare.
Certo, è un'arte miseranda, di dolori e di pianto. Ma io, per me, la trovo naturale, e così mia, che difficilmente vi rinuncerei.”

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